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libro terzo | 255 |
giovane dee potere disiderare». E questo detto, comandò che onorevolmente alla gran torre dell’Arabo, insieme con Glorizia, fosse menata Biancofiore, e quivi con l’altre giovani donzelle dimorasse faccendo festa. Di questo furono assai contenti i mercatanti, sí per lo loro avere, il quale avevano forse nel doppio moltiplicato, e sí per la giovane a cui prosperevole stato vedevano promesso dal signore, che ben lo poteva attenere. E a lei rivolti, con pietose parole la confortarono, e da essa piangendo partirono, e pensarono d’altro viaggio fare con la loro nave. E quella, posta con l’altre pulcelle molte nella gran torre, non senza molto dolore, infino a quel tempo che agl’iddii piacque la promessa di Venere fornire, dimorò.
Giá all’iniquo re di Spagna, partita Biancofíore, pareva avere il suo disio fornito; ma ancora pensando che necessitá gli era la sua malvagitá con falso colore coprire, imaginò di far credere che Biancofiore fosse morta, acciò che Florio, sentendo quella morta essere, dopo alcuna lagrima la dimenticasse. E, preso questo consiglio, per molti maestri mandò segretamente, a’ quali senza niuno indugio comandò che fosse fatta una bellissima sepoltura d’intagliati marmi, allato a quella di Giulia. La quale compiuta, preso un corpo morto d’una giovane quella notte sepellita, la mattina, co’ vestimenti di Biancofíore e con molte lagrime, la fece sepellire, dicendo che Biancofíore era: e questo con tanto ingegno fece, che niuno era nella cittá che fermamente non credesse che Biancofiore fosse morta, da coloro in fuori a cui di tale inganno il re fidato s’era. E, questo fatto, mandò a Montorio a Florio un messaggiere, il quale cosí gli disse: «Giovane, il tuo padre ti manda a dire che se a te piace di volere Biancofiore vedere avanti ch’ella di questa vita passi, che tu sia incontanente a Marmorina, però che subitamente un’asprissima infermitá l’ha presa, per la qual cosa appena credo che ora viva sia». Non udí sí tosto Florio questo, com’egli tutto si cambiò nel viso, e senza rispondere parola, ristretto tutto in sé si turbò e quivi semivivo cadde, e dimorò tanto spazio di tempo in tale stato, che alcuno non era che morto nol reputasse. Il vermiglio colore