Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
250 | il filocolo |
alle tue orecchie pervenuti i pietosi prieghi della tua Biancofiore, come alle mie?». «Certo sí» rispose Citerea, «e giá di qui mi voleva muovere per andare a porgerle il dimandato conforto; ma tu, che niuna tua ira vuoi senza vendetta da te cacciare, lascia omai le soperchievoli offese, e perdona il disavveduto fallo alla innocente giovane, acciò che io non abbia cagione di contaminare i tuoi cori con piú asprezza. Tu non meno di me se’ tenuta di aiutare costei, però che, ben che essa aggia me col core servita e serva, nondimeno ella t’ha sempre con le operazioni servita, e ora a te, come a me, soccorso nella presente avversitá domanda.» «Adunque» disse Diana, «andiamo: le mie ire sono passate, e vera compassione de’ suoi mali porto nel petto; porgiamle il dimandato conforto.» A cui Venere disse: «Io la veggio sopra le salate onde vinta da angosciosi pianti soavemente dormire, ed esserne portata verso il mio monte, al quale luogo spero che il suo disio ancora farò con letizia terminare, avvegna che senza indugio essere non può per quello che per adietro hai adoperato».
Senza piú parlare si partí il divino consiglio, e amendue le dee, lasciati i luoghi, con lieto aspetto nel sonno si mostrarono alla dormente giovane. E Diana, che in quell’abito proprio era che portar soleva alla caccia, inghirlandata delle frondi di Pallade, l’apparve, e cosí disse: «O sconsolata giovane, l’avermi ne’ sacrificii, renduti agli altri iddii per lo tuo scampo, dimenticata, giustamente verso di te mi fece turbare: per la qual turbazione, essendone io stata cagione, hai sostenute gravose avversitá; ma ora i tuoi prieghi hanno addolcita la mia ira, e divenuta sono verso te pietosa: per la qual cosa ti prometto che la dimandata grazia infino alla disiderata ora ti sará da me conceduta, né niuno sará ardito di levarti ciò che tu nel core hai proposto di guardare». Ma Venere, che tutta nel cospetto di Biancofiore di focosa luce sfavillava, involte le nude carni in un sottilissimo drappo porporino, e coronata dell’amate frondi di Febo, cosí le disse: «Giovane, a me divota e fedelissima suggetta, lascia il lagrimare, e nelle