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libro terzo | 241 |
ricare la nostra nave, e di ritornare agli abbandonati liti. Se per noi si può far cosa che al vostro signore e a voi piaccia, come umilissimi servidori a’ vostri piaceri ci disponiamo». Assai gli ringraziarono i due cavalieri e ultimamente gli pregarono che non fosse loro noia alquanti giorni attendergli, però che con loro credevano dovere avere a fare. A cui essi risposero che uno anno, se tanto lor piacesse, gli attenderebbono.
Tornarono i due cavalieri al re, e chiaramente ogni cosa udita da’ padroni gli narrarono. A’ quali il re disse: «Tornate ad essi, e dimandate loro se essi volessero una bellissima giovane comperare, la quale innumerabile tesoro ho cara, e con la risposta tacitamente tornate». Ripresero i cavalieri il cammino, e, ricevuti con amorosi accoglimenti, a’ mercatanti la loro ambasciata contarono, aggiugnendo che dalla bella giovane contro la real maestá grandissimo fallo era stato commesso, per lo quale morte meritava, ma il signore, pietoso della sua bellezza, non ha voluta privarla di vita: ma, acciò che il fallo non rimanga impunito, la vuoi vendere, sí come contato v’abbiamo. A cui i mercatanti risposero ciò molto piacere loro: e se bella era come contavano, nullo migliore comperatore d’essi se ne troverebbe. «Adunque» disse Asmenio, «recate i vostri tesori e venite con noi, acciò che voi veggiate che quello che vi diciamo è vero.»
Caricati i mercatanti i loro tesori, e presi molti loro cari gioielli, coi due cavalieri se ne vennero a Marmorina, ove dal re furono onorevolmente ricevuti. E quando tempo parve al re di volere che essi vedessero Biancofiore, egli disse alla reina: «Va e fa venire la giovane». Al cui comandamento la reina andata in una camera dove Biancofiore era, disse: «O bella giovane, rallegrati, che picciolo spazio di tempo è a passare che il tuo Fiorio sará qui, e però adornati, acciò che tu gli possa andare davanti e fargli festa, e che egli non gli paia che le tue bellezze siena mancate. Corse al core di Biancofiore una subita letizia, udendo le false parole, e per poco non il core, abbandonato dalle interiori forze corse di