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240 | il filocolo |
fornito. E uscito della sua camera, a sé chiamò Asmenio e Proteo, giovani cavalieri e valorosi, e disse cosí a loro: «Senza alcuno indugio cercate i nostri porti la dove il Po s’insala: quivi n’è detto che una ricchissima nave è venuta; fate che voi la vediate, e conosciate di quella i padroni, e sappiate di qual paese viene, e di che è carica, e quando si dee partire, e ordinatamente tutto mi raccontate nella vostra tornata, la quale senza niuno indugio fate che sia».
Mossersi i due giovani con quella compagnia che piacque loro, e, pervenuti a’ dimandati porti, montarono sopra la bella nave, ove elli onorevolmente ricevuti furono da Antonio e da Menone, signori e padroni di quella. E poi che Asmenio alquanto dimorato con loro fu, egli disse: «Belli signori, noi siamo cavalieri e messaggi dell’alto re di Spagna, ne’ cui porti voi dimorate; e siamo qui a voi venuti per essere di vostra condizione certi, e per sapere qual sia il vostro carico, e da quali liti vi siate con esso partiti, e che intendete di fare. Piacciavi adunque che di tutte queste cose noi al nostro signore possiamo rendere vera risposta». A cui Antonio, per etá e per senno piú da onorare, cosí rispose: «Amici, voi siate i ben venuti. Noi, brievemente, siamo ad ogni vostro piacere disposti, e però alla vostra dimanda cosí vi rispondiamo, e cosí a chi vi manda risponderete: il presente legno è di questo mio compagno e mio, i quali, egli Menone ed io Antonio siamo chiamati, e nascemmo quasi nelle ultime parti dell’Ausonico corno, vicino alla gran Pompea, vera testimonia delle vittorie ricevute da Ercole ne’ nostri paesi, e da lui edificata; e vegnamo dalli lontani liti d’Alessandria in questi luoghi, non volonterosi venuti, ma da fortunale tempo portati, nel quale gl’iddii, la mercé loro, ci hanno tanto di grazia fatta, che quasi tutto il carico della nostra nave abbiamo spacciato, il quale fu in maggior parte speziere, perle, oro, e drappi per le indiane mani tessuti; e intendiamo, ove piacere de’ nostri iddii sia, di cercare le sedie di Antenore, poste nell’ultimo seno di questo mare, quando avremo tempo; e quivi di quelle cose che per noi saranno, intendiamo di ca-