né alcuno accidente me la potrá mai trarre del core. E certo se egli mi fosse conceduto di poterla solamente vedere, com’io vidi giá, tutte queste cose mi parrebbero leggiere a sostenere. Il non poterla vedere m’è sola gravezza. Questo mi fa sopra ogni altra cosa tormentare. Ella co’ suoi begli occhi, avvegna che falsi siano, mi potrebbe rendere la perduta consolazione. Io vo fuggendo per lei. Se l’amor di lei avessi, non che ’l fuggire ma il morire mi sarebbe soave! Ma poi che l’amore di lei non puoi avere, e il poterla vedere t’è tolto, piangi, misero Fileno, e dá pena agli occhi tuoi, i quali stoltamente nella forza di tanto amore, quanto tu senti, ti legarono. O me misero, non so da che parte io mi cominci piú a dolere, tanti e tali cose m’offendono! Ma, tra l’altre, tu, o crudelissimo signore, non figliuolo di Citerea, ma piú tosto nemico, mi dai infinite cagioni di dolermi di te e di biasimarti. Tu, piacevolissimo fanciullo, pigli con piacevole dolcezza gli stolti animi degl’ignoranti, e in quelli poi con solingo ozio rechi disiderati pensieri, e in quelli pensieri fabrichi le tue catene, con le quali gli animi de’ miseri, che tua signoria seguitano, sono legati. Ahi, quanto è cieca la mente di coloro che ti credono, e che del loro folle disio ti fanno e chiamano iddio, con ciò sia cosa che niuna tua operazione si vegga con discrezione fatta! Tu gli altissimi animi de’ valorosi signori declini a sottomettersi alle volontá d’una picciola feminella. Tu la bellezza d’un giovane, maestrevole adornamento della natura, con fallace disiderio leghi al volere d’un turpissimo viso, con díverse macule adornato oltre al dovere, d’una meretrice. E, brievemente, niuna tua operazione è con eguale animo fatta, anzi sogliano i miseri, ne’ tuo’ lacci avviluppati, prendere per te questa scusa: che la tua natura è tale che né i doni di Pallade, né quelli di Giunone, né gentilezza d’animo riguarda, ma solamente il libidinoso piacere; e in questo credono alle tue opere aggiungere grandissime laudi, ma con degno vituperio te ed essi vituperano. Ma che giova tanto parlare? Tu se’ d’etá giovane: come possono le tue operazioni essere mature? Tu, ignudo, non devi poter porgere speranza