nostri nimici, se colui che ci ama è per noi tormentato?’: tu il picciolo fallo con grandissima temperanza mitigasti, conoscendo il movimento del fallitore. Dimorar possa tu con pietosa fama sempre ne’ cuori umani! Ma certo egli non è men giusta cosa che io pianga li miei amori, che fosse il pianto del crudele artefice Perillo, che a Falaris presentò il bue di rame, al quale primo convenne mostrare del suo artificio esperienza. Io medesimo accesi il foco in che io ardo. Io, misero, fui il tenditore de’ lacci ne’ quali son caduto. Chi mi costringeva di narrare a Florio i miei accidenti, e di mostrargli il caro velo? Niuna persona. Ignoranza mi fece fallire: e però niuno savio piange, perché il senno leva le cagioni. Ma posto pur ch’io per ignoranza fallassi, eragli cosí gravoso a vietarmi che io piú avanti non amassi? Certo io non mi sarei poi potuto tenere di non amare, ma nondimeno per la disubbidienza a lui, cui io singulare signore teneva, avrei meritato esilio o grieve tormento; ma egli mai non mi comandò che io non amassi, anzi lá ov’io non mi guardava cercava la mia morte. O ragionevole giustizia partita dagli umani animi, perché dal cielo non provvedi tu alle iniquitá? Deh, misero me!, non ho io per la sfrenata crudeltá di Florio perduta la debita pietá del vecchio padre e della benigna madre? Certo sí. Ora io gli ho lasciati per lo mio esilio pieni d’eterne lagrime. Non ho io perduta la graziosa fama del mio valore? Sí ho. Quanti uomini, ignoranti qual sia la cagione del mio esilio, penseranno me dovere avere commesso alcuna cosa iniqua, e, per paura di non ricevere merito di ciò, mi sia partito? I nemici creano le sconce novelle dov’elle non sono, e le male lingue non le sanno tacere. La iniquitá da se medesima si spande piú che la gramigna pe’ grassi prati. Non sono io per lo mio tristo esilio divenuto povero pellegrino? Non ho io perduto gioia e festa? Non è per quello la mia cavalleria perduta? Certo sí. Oimè, quante altre cose sinistre con queste insieme mi sono avvenute per lo mio sbandeggiamento! Ma certo, per tutto questo, alcuna cosa del vero amore che io porto a Biancofiore, non è mancato. Piú che mai l’amo. Niuna pena, niuno affanno,