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libro terzo 223

in odio, se a me che l’amo ha pensata la morte?». A cui quegli rispose: «Amerallo! Le leggi d’amore sono variate da quelle della natura in molte cose, e in tale atto niuno vuole volentieri compagno. Né per te fa di cercare gli altrui pensieri, ma pensare del tuo bene. Posto che Florio similmente volesse uccidere uno che odiasse Biancofiore, se’ tu però fuori del pericolo? Certo no: adunque pensa alla tua salute». «Oimè!» disse Fileno, «dunque lascerò io Marmorina e la vista di Biancofiore?». «Sí» gli rispose quegli, «per lo tuo migliore». Disse Fileno: «Certo io non conosco che vantaggio qui eleggere si possa se solo una volta si muore. Buono è il vivere, ma meglio è tosto morire che vivendo languire, e cercare la morte e non poterla avere». «Non è» disse l’amico, «a chi vive sperando nella potenza degl’iddii, sí come dianzi ti dissi, però che le future cose ci sono occulte. E in qualunque modo si vive è meglio che il morire. Ogni cosa perduta, volendo l’uomo valorosamente operare, si può ricuperare, ma la vita no: però ciascuno dee essere di quella buono guardiano.» «Certo» disse Fileno, «a chi può prendere speranza, e sperando aspettare, non dubito che di guardare la sua vita egli non faccia il meglio, che volere per un subito dolore morire. Ma come poss’io cosí fare, che non tanto partendomi, ma solamente pensando ch’io mi deggia partire dalla vista del bel viso di Biancofiore, mi sento ogni spirito combattere nel core e dimandare la morte, e l’anima, che sente questa doglia e questa tempesta, si vuoi partire?» A cui colui rispose: «Non sono cotesti pensieri necessarii a te, però che a coloro che in simile caso sono che se’ tu, conviene che facciano della necessitá diletto. Tu vedi che tu se’ costretto di partire: non imaginare di prendere eterno esilio, ma imagina che per comandamento di Biancofiore, per cui non ti sarebbe grave il morire, s’avvenisse ch’ella tel comandasse, tu sia mandato in parte onde tu tosto tornerai. Questa imaginazione t’aiuterá, e faratti piú possente a sostenere gli affanni della partita, infine a tanto che tu poi ausato la saprai sostenere senza tanta noia». A cui Fileno disse: «Questo che tu mi dí