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libro terzo 215

pendici del monte. E fatta la dea passar dentro, con non minore romore riserrò quella, difendendo appena i bianchi vestimenti della dea dalle agute sanne de’ bramosi cani, a’ quali per magrezza ogni osso si saria potuto contare, cacciando quelli con chioccia voce e con un grande bastone col quale sosteneva i vecchi membri. Era quella casa vecchissima e affumicata, né era in quella alcuna parte ove Aragne non avesse copiosamente. le sue tele composte; e in essa s’udiva una ruina tempestosa, come se i vicini monti, urtandosi insieme, giungessero le loro sommitá, le quali per l’urtare pestilenzioso diroccati caddessero giuso al piano. Niuna cosa atta ad alcuno diletto vi si vedeva. Le mura erano grommose di fastidiosa muffa, e quasi pareva che sudando lagrimassero; né in quella casa mai altro che verno non si sentiva, senza alcuna fiamma da riconfortare il forte tempo: ben v’era in uno de’ canti un poco di cenere, nella quale rilucevano due tizzoni giá mezzi spenti, de’ quali la maggior parte una gattuccia magra covando quella occupava. E la vecchia abitatrice di cotal loco era magrissima e vizza nel viso e scolorita; i suoi occhi erano biechi e rossi, continuamente lagrimando; di molti drappi vestita, e tutti neri, ne’ quali ravviluppata, in terra sedeva, vicino al tristo foco, tutta tremando, e al suo lato aveva una spada, la quale rare volte, se non per ispaventare, traeva fuori. Il suo petto batteva sí forte, che sopra li molti panni apertamente si discerneva, nel quale quasi mai non si crede che entrasse sonno; e il luogo acconcio per lo suo riposo era il limitare della porta, in mezzo de’ due cani. La quale la dea veggendo, molto si maravigliò, e cosí disse: «O antica madre, sollecitissima fugatrice degli scellerati assalti di Cupido, e guardia de’ miei fuochi, a te conviene mettere nel petto d’un giovane a me carissimo le tue sollecitudini, il quale per troppa liberalitá si lascia a feminile ingegno ingannare, amando oltre al dovere una mia nimica: e però niuno indugio vi sia, muoviti! Egli è assai vicino di qui, ed è figliuolo dell’altissimo re di Spagna, chiamato Florio; e senza fine ama Biancofiore, né mai sentí quel che tu suoli agli amanti far sentire. Va e privalo della