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208 | il filocolo |
t’ho, mi tornano nella mente, avvegna che dir potrei che mai non n’escano, mi costringono tanto, che piú avanti scrivere non posso. E quasi quel che io ho scritto non ho potuto interamente dalle loro macchie guardare; e la tremante mano, che similmente sente l’angoscia del core che mi richiama all’usato sospirare, non sostiene di potere piú inanzi muovere la volonterosa penna: ond’io nella fine di questa mia lettera, se piú merito da te esser udito sí com’io giá fui, ti priego che alle prescritte cose provegga con intero animo. Nelle quali se forse alcuna cosa scritta fosse la quale a te non piacesse, non malizia, ma fervente amore m’ha a quelle scrivere mosso, e però mi perdona. E se questo che ’l tristo cuor pensa è vero, caramente ti priego che, se possibile è, indietro si torni. E se forse l’amore che tu m’avesti gia, né i miei prieghi, a questo non ti strignesse, stringati la pietá del mio vecchio padre e della mia misera madre, a’ quali tu sarai cagione d’avermi perduto! E se cosí non è, non tardi una tua lettera a certificarmene, perciò che infino a tanto che questo dubbio sani in me, insino allora il tuo coltello non sí partira della mia mano, presto ad uccidere o a perdonare, secondo ch’io te sentirò disposta. Or piú avanti non ti scrivo, se non che tuo son vivuto e tuo morrò: gl’iddii ti concedano quello che onore e grandezza tua sia, e me per la loro pietá non dimentichino»
Fatta la pistola, Florio piangendo la chiuse e suggellò; e, chiamato a sé un suo fedelissimo servidore, il quale era consapevole del suo angoscioso amore, cosí gli disse: «O a me carissimo sopra tutti gli altri servidori, te’ la presente lettera, la quale è segretissima guardia delle mie doglie, e con istudioso passo celatamente a Biancofiore la presenta, e priegala che alla risposta niuno indugio ponga, però che per te l’attendo. Se avviene che la ti doni, niuna cagione ti ritenga, ma sollecitamente a me, quanto piú cheto puoi, fa che la presenti, acciò che degnamente tu possa nella mia grazia dimorare. Va, che molto disio mi coce d’udir quello che a questa si risponderá; e guarda che niuno altro che quella propria a cui ti mando la vedesse».