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libro terzo 199

doti me avere allontanato da lei, t’ingegnasti d’apporti alle forze degl’iddii, volendola far morire, per la cui salute, non tua mercé, io fui arditissimo difenditore. E in tale stato, con piú sospiri che per lo passato tempo avuti non aveva, mi tenesti lunga stagione, sperando io di dovere risalire, se si voltasse: però che tanto m’era paruto scendere, che ’l centro dell’universo mi pareva toccare. Ma tutto questo non bastandoti, ancora volesti che niuno loco fosse nella tua rota, che da me non fosse cercato; e ha’mi ora in sí basso loco tirato, che con la tua potenza, ancora che benigna ritornassí come giá fosti, trarre non me ne potresti. Io sono nel profondo de’ dolori e delle miserie, pensando che la mia Biancofiore abbia me per altrui abbandonato. O dolore senza comparazione! O miseria mai non sentita per alcuno amante quanto è la mia! E avvegna che io non sia il primo abbandonato, io son solo colui che senza legittima cagione sono lasciato. La misera Isifile fu da Giasone abbandonata per giovane non meno bella e gentile di lei, e per la salute propria della sua vita, la quale senza Medea avere non poteva. Medea poi per la sua crudeltá fu giustamente da lui lasciata, trovando egli Creusa piú pietosa di lei. Oenone fu abbandonata da Paris per la piú bella donna del mondo. E chi sarebbe colui che prima non volesse una reina discesa del sangue degl’immortali iddii, che una rozza femina usata ne’ boschi? Oh, quanti esempli a questi simili si troverebbero! Ma al mio dolore niuno simile se ne troverebbe, che un figliolo d’un re per un semplice cavaliere sia lasciato, ove la virtú avanza nell’abbandonato. Deh, misera fortuna, se io avessi ad inganno avuto l’amore di Biancofiore, sí come Aconzio ebbe quello di Cidippe, certo alquanto parrebbe giusto che io fossi per piú piacevole giovane dimenticato; ma io non con inganno, non con forza, non con lusinghe ricevetti il grazioso amore, anzi benignamente e con propria volontá di lei, cercando co’ propri occhi s’io era disposto a prenderlo, e trovato di sí, mel donò: il qual ricevuto, a lei del mio feci subitamente dono. Adunque perché questa noia? Perché consentire me per altri essere dimenticato? Oimè, che