Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro secondo | 161 |
chi io sia, e però perdonatemi; e quando vostro piacer fosse, io volontieri mi partirei co’ miei compagni». «Poi che saper non posso chi tu se’, va, che gl’iddii ognora in meglio ti prosperino», disse il re. Allora Florio piangendo guardò Biancofiore, che ancora piangeva, e disse: «Bella giovane, io ti priego per amor di Florio, che tu ti conforti, e rimanti con la grazia degl’iddii». E detto questo, e preso commiato dal re, smontate le scale, e risaliti sopra i loro cavalli, Marte, egli e Ascalione, de’ quali nullo era stato conosciuto, si misero in cammino. E pervenuti che furono a quel luogo dove Marte aveva destato Florio, Marte volto verso lui si fermò, e disse: «O cavaliere, omai tu hai fatto quello per che io discesi ad aiutarti; però io intendo di tornare ond’io discesi, e tu e il tuo compagno ve n’andrete a Montorio». Fiorio e Ascalione, udite queste parole, incontanente smontarono da cavallo e gli si gittarono a’ piedi, ringraziandolo quanto a tanto servigio si convenia; e, porgendogli divote orazioni, egli subitamente loro sparve davanti. Rimontarono adunque costoro a cavallo, e porgendo loro il sole chiara luce, in brieve ritornarono a Montorio.
Poi che pervenuti furono a Montorio i due cavalieri, senza alcuno romore o pompa, quanto piú poterono celatamente al tempio di Marte smontarono, e passati dentro a quello fecero accendere fuochi sopra de’ suoi altari, ne’ quali divotamente misero graziosi incensi: e fattisi disarmare, le loro armi offersero a’ santi altari in riverenza e perpetuo onore del valoroso iddio. E appresso rivestiti di bianchissimi vestimenti se n’andarono al tempio di Venere, ivi molto vicino, tutti soletti; e quello fatto aprire, Florio uccise con sua mano un giovane vitello, le cui interiora con divota mano ad onor di Venere mise negli accesi fuochi. Le quali cose faccendo Florio, per tutto il tempio si sentí un tacito mormorio, dopo il quale fu sopra i santi altari veduta la santa dea coronata d’alloro, e tanto lieta nel suo aspetto quanto mai per alcuno accidente fosse veduta, e con sommessa voce cosí cominciò a dire: «O tu giovane, sollecito difenditore delle nostre ragioni,