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libro secondo 147

vere fosse loro a grado. Egli fu obbedito senza dimoro; e i sergenti per tema tutti indietro si ritirarono. Allora Florio rivolto a lei, con alta voce disse: «Giovane damigella, fugga da te ogni paura, che gl’iddii, pietosi di te, vogliono che io ti difenda: dimmi qual sia la cagione che il re t’ha fatto giudicare a sí crudele morte, come è questa che apparecchiata ti veggio, ché io ti protnetto, che o ragione o no che il re abbia, infin che i miei compagni ed io avremo della vita, per amore di Florio, cui io amo quanto me medesimo, e per amor della tua piacevolezza, ti difenderemo». Vedendosi Biancofiore confortare dal cavaliere, lasciata da’ sergenti, alzò il viso con gli occhi pieni di lagrime, e dopo un amaro sospiro cosí disse: «O cavaliere, chi che tu sia, o mandato dagl’iddii in mio aiuto o no, come può egli essere che occulto ti sia il torto che fatto m’è? E’ pare che le insensibili pietre, non che gli uomini ne ragionino, per quello che io misera n’ho potuto comprendere venendo qua; ma poi che a voi è occulto, e piacevi di saperlo, io il vi dirò. Ieri si celebrò in Marmorina la gran festa della nativitá del re Felice, al quale, con alquanti baroni sedendo a una tavola, io fui mandata dal siniscalco con un pavone, il quale era avvelenato; e io di ciò non sappiendo cosa alcuna, fatto quello di esso che comandato mi fu, il lasciai davanti al re, e tornaimene alla camera della reina: ove essendo ancora un poco dimorata, fui presa e messa in prigione con grandissimo furore. E senza volere essere in alcuno atto ascoltata, fui poco inanzi sentenziata a questa morte. Ma se a’ giuramenti de’ miseri si deve alcuna fede prestare, io vi giuro per la potenza de’ sommi iddii che questo peccato io non commisi, e senza colpa mi conviene patire la pena. Ma io vi priego, se voi siete amico di Florio, per amore del quale credo che io sia fatta morire, che voi m’aiutiate e difendiate, acciò che io sí vilmente non muoia». Florio, il quale insieme riguardava e ascoltava intentivamente Biancofiore, piangendo continuamente sotto l’elmo, e guardandosi bene che del suo pianto niuno s’avvedesse, molto disiderava di farlesi conoscere; poi per lo