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libro secondo 145

e donommi quest’arco e questa saetta, e dissemi che noi cavalcassimo, allora ch’io ti chiamai. Disse Ascalione: «Dove è quel duca che tu di che tel donò? Io non veggio davanti a noi se non uno splendore molto vermiglio, del quale io t’ho voluto piú volte dimandare se tu lo vedevi». Disse allora Florio: «Quegli è desso; io veggio lo splendore e l’iddio che dentro vi dimora». Allora disse Ascalione: «Ben ti dico che ora veggio che gl’iddii t’amano, e che tu devi pervenire a grandissimi fatti. Quale vuo’ tu della tua futura vittoria piú manifesto segnale? Certo quella fiamma che apparve a Lucio Marzio sopra la testa, aringando a’ disolati cavalieri in Ispagna per la morte di Publio Gneo Scipione, non fu piú manifesto segno del futuro trionfo. Né quello ancora, che apparve a Tullio, ancora picciolo fanciullo, dormendo, nel cospetto di Tanaquilla, fu piú manifesto segnale del futuro imperio, che questo sia della diliberazione di Biancofiore. Adunque confortati, e prendi vigoroso ardire, seguendo le vestigie del forte iddio. E ora ciò che stanotte mi dicesti, senza dubbio ti credo, ben che insino a qui molto dubitato abbia che vere non fossero le tue parole».

Cosí parlando e seguendo il celestiale cavaliere, pervennero al luogo dove le calde fiamme erano accese; e passati nel gran cerchio che il siniscalco aveva giá fatto fare dintorno al foco, si fermarono per vedere se alcuno dicesse loro alcuna cosa. Ciascuno che nel piano era, veduta questa rossezza nel piano subitamente venuta, e non sappiendo che si fosse, dubitava, e niuno ardiva d’appressarsi; e chi nel piano entrava, non sappiendo di che, aveva paura. Ma il siniscalco, che con rivolta redina aveva ripreso il secondo cerchio maggiore, per dare maggiore spazio a’ sergenti, veduta la nuova luce, cominciò ad aver paura, molto in sé maravigliandosi e dubitando non questo fosse alcun segnale che gl’iddii avessero mandato in significanza della salute di Biancofiore. Ma pure per non parere men che ardito, e per meno sgomentare gli altri, passò avanti, con non piú sicuro animo che Cassio in Macedonia contro a Ottaviano, veduta la figura di Cesare