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142 | il filocolo |
uso d’alcuna asprezza, e Ascalione per lunga etá giá tutto bianco, smontato ciascuno dal suo cavallo, e legatolo a un arbore, dissero: «Qui alquanto ci riposiamo, infino a tanto che il nuovo giorno appaia». E cavati gli elmi e messisi gli scudi sotto il capo, cominciarono soavemente a dormire.
O Florio, che fai tu? Tu fai contra all’amorose leggi. Niuno sonno si conviene a sollecito amadore. Deh, or non pensi tu che cosa è il sonno, e come egli sottilmente sottentra ne’ disiderosi occhi e negli affannati petti? Ora dove sono fuggite le sollecite cure, che strignevano il tuo animo poco avanti? E’ ti soleva essere impossibile il dormire sopra i dilicati letti: ora come con l’arme indosso sopra la dura terra ti se’ addormentato? Credi tu forse Biancofiore aver tratta di pericolo perché tu ti sia armato? Ell’è ancora in quel pericolo che ella si fu avanti che tu t’armassi. Ma tu forse credi il sonno a tua posta cacciare da te: ma pensa che tu dormendo niuna signoria hai: adunque porre non gli puoi termine, ma egli a sua posta si partirá. E se egli alquanto ti ritiene piú che a Biancofiore non bisogna, a che sará ella? Certo alla morte! Forse tu ti fidi che gl’iddii ogni volta ti deggiano con nuovi segni destare? Forse non ti desteranno: e se ti destano, che grado alla tua sollecitudine, piú tosto da dire pigrizia? Venere infino a qui ha fatto il suo dovere: se tu a quello ch’ella t’ha detto sarai pigro, ella si riderá di te, e terratti vile, e scherniratti con dovute beffe. Deh, come male, se tu soverchio dormi, avrai adoperata la ricevuta spada? Ora non ti strigne amore? Or non t’è a mente Biancofiore? Ogni sollecitudine è testé da te lontana! Ma la misera Biancofiore, forse giá fuori della cieca prigione e della non giusta sentenza data contro di lei, forse è vilmente menata all’acceso foco; e ripetendo tutte quelle parole che a lei si convengono verso di te dire, va piangendo. Or s’ella muore, che varrá la tua vita? Ella si potrá piú tosto dire ombra di morte. Ora se Biancofiore sapesse che un poco di sonno, sopravvenuto ne’ tuoi occhi, t’avesse fatto dimenticare li suoi affanni, non avrebb’ella ragione di non amarti giá mai, ma degnamente