Pagina:Boccaccio - Filocolo (Laterza, 1938).djvu/139


libro secondo 135

folle è quello iddio che per lei di niente s’inframette, ché a lui non fia mai per lei acceso fuoco sopra ad altare né visitato tempio. Di se medesima gli può ben promettere sacrificio, perciò che quando tu ti partirai dal nostro emisferio, io la farò ardere nelle cocenti fiamme, né di ciò alcuno pregato iddio la potra aiutare, né trarla dalle mie mani: adunque partiti, e lasciami tosto veder l’apparecchiato fine al mio disire. E tu, o dolcissimo Apollo, il quale disideroso sí prestamente suoli tornare nelle braccia della rosseggiante Aurora, che fai? Perché dimori tanto? Vienne, non dubitar di venire sopra l’orizzonte, perché io debba fare per la tua venuta ardere la non colpevole giovane. Questo non è l’acerbissimo peccato del comune figliuolo de’ due fratelli, mangiato da essi e porto dalla crudel madre, per lo quale tu tirasti i carri dello splendore indietro, e non volesti dare quel giorno luce alla terra, perché sopra sé sí fatta crudeltá avea sostenuta. Tu desti piú volte luce a Licaone operatore di maggior crudeltá che questa non è; e sofferisti che Progne, dopo l’ucciso figliuolo, dandole tu lume, si fuggisse della giusta vendetta di Tereo; né si celò la tua luce nella morte dei due tebani fratelli. Adunque, poi che ad Atreo e a Tieste, a Licaone, a Progne, ad Eteocle e a Polinice ne’ loro falli il tuo splendore concedesti, è cosí mirabile cosa se tu a me ora ne porgi? Questa non è la prima femina che muore ingiustamente, né sará l’ultima, né è a te piú che un’altra cara. Dunque vieni. Deh, non dimorare piú! Fuggano omai le stelle per la tua luce. Non mi fare piú disiderare quello che tu naturalmente suoli a tutti donare». Cosí parlava il re, ora vegghiando e ora non fermamente dormendo: e in tale maniera passò tutta quella notte. Ma poi che il giorno apparí, subito si levò, e fece chiamare i giudici, e loro comandò che Biancofiore senza indugio fosse giudicata.

Quella mattina il sole coperto d’oscure nuvole non mostrò il suo viso, e l’aria da noiosa nebbia impedita pareva che piangesse, quasi pietosa degli affanni di Biancofiore. Ma poi che i chiamati giudici furono davanti al re, ed ebbero il comandamento ricevuto, stettero stupefatti al cospetto reale.