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libro secondo 133

sconfortare. Noi giá mai non ti abbandoneremo: confortati. Credi tu che la nostra deitá abbandoni cosí di leggieri i suoi suggetti? Le voci tue percossero le orecchie insino nel nostro cielo, al pietoso suono delle quali subitamente a te sono discesa, e mai non ti lascerò sola. E non dubitare per cosa che ti sia stata fatta infino a qui, che da questa ora inanzi niuna cosa ti sará fatta, per la quale altra offesa che solo un poco di paura te ne seguisca». Quando Biancofiore vide questo lume e la bella donna dentro la prigione, tutta riconfortata, si gittò ginocchioni in terra davanti a lei, dicendo: «O misericordiosa dea, laudata sia la tua potenza. Niuno conforto era a me misera rimaso, se tu venendo non m’avessi riconfortata. Oh, quanto ti debbo esser tenuta, pensando alla tua benignitá, la quale non isdegnò di venire da’ gloriosi regni in questa oscuritá e solitudine a darmi conforto, non avendo io tanta grazia giá mai meritata. Ma dimmi, o pietosa dea, poi che con le tue parole m’hai renduto alquanto del perduto conforto, se lecito m’è a saperlo, qual è la cagione per la quale fatta m’è questa ingiuria». A cui la dea rispose: «Niun’altra cagione ci è, se non che tu e Florio siete al mio servigio disposti; ma non sotto questa spezie s’ingegna il re di nuocerti, ma il modo trovato da lui, col quale egli si ricuopre, è falso e malvagio: ma egli è ben conosciuto tanto avanti, che alla tua fama non può nuocere, e ancora sará piú manifesto. E, d’altra parte, io poco avanti discesa giú dal cielo, ordinai la tua diliberazione, in maniera che, avanti che il sole venga domani al meridiano cerchio, tu sarai renduta al re e tornata in quella grazia che solevi. Piú avanti non te ne dirò ora, però che tutto vedrai e saprai domani». Con questi ragionamenti, e con molti altri, si rimase Biancofiore con la santa dea infino al seguente giorno, quasi rassicurata, senza prendere alcun cibo, infino che tratta fu di prigione per menare alla morte.

Cominciassi per la corte un gran mormorio, poi che il re fu partito dal gran consiglio che tenuto aveva del fallo che doveva aver fatto Biancofiore: e tutti i baroni e l’altre genti,