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124 il filocolo

mi manterrò. E se avviene che alcuna volta scenderne mi convenga, con quella pazienza che io potrò, sosterrò l’affanno. Né mi vogliate far discredere quello che la vera visione mi ha mostrato, dicendo che i sogni sieno fallaci e voti d’ogni veritá: poi che voi non lo mi voleste dire, tacete almeno di farlomi discredere, però che io ho piú testimoni di questa veritá: e principalmente il mio anello con la perduta chiarezza mi mostrò l’affanno di Biancofiore, e appresso la celestiale spada, ritrovandolami nella destra mano quando mi svegliai, mi affermò la credenza delle vedute cose e la speranza della futura vittoria. Ma forse voi dubitate di farmi il servigio, e però con tante contrarietá v’andate al mio intendimento opponendo. Ond’io vi priego, senza piú andare con tante circostanze faccendomi perder tempo, che mi rispondiate se fare lo volete o no: ché io vi prometto che mai non sarò lieto, né dalla mia impresa mi partirò, infino a tanto che io con la mano destra non avrò diliberata Biancofiore dal foco, e da qualunque altro pericolo le soprastesse».

Quando Ascalione sentí cosí parlare Florio, e videlo pur fermo in voler difendere Biancofiore, assai si maravigliò del gran core che in lui sentiva, e piú della nuova visione e della spada a lui donata, la quale non gli parea opera fatta per mano d’uomo, e in prima tra sé disse: «Veramente la fortuna ti vuole recar a grandissime cose, delle quali forse questa fia il principio, e gl’iddii mostra che ’l consentano». E poi rispose a lui: «Florio, senza ragione mi chiami villano e malvagio, però che quel ch’io ti diceva, io non lo ti diceva che io non conoscessi bene ch’io non diceva il vero, ma io il diceva acciò che da questa impresa ti ritraessi, se io avessi potuto ritrartene. E se io avessi dal principio conosciuto che cosí fermamente t’avessi posto in core di far questo, certo senza alcun’altra parola t’avrei detto: ‛andiamo’; ma io volea provare altresí con che animo c’eri disposto. E non dir ch’io dubiti di servirti, ch’io voglio che manifesto ti sia che alcuno disio non è in me tanto quanto è quello di servire te. Onde io ti priego caramente, poi che del tutto