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libro secondo 121

leva, si movevano. Disse Ascalione: «Niuna cosa ho né potrei fare che al tuo piacere non sia; ma qual è la cagione di sí subita volontá d’armarti? Perché non aspetti tu il nuovo giorno? Armandosi l’uomo a questa ora, non veggendosi alcuna necessitá espressa, parrebbe un matto e subito volere, come sogliono essere quelli degli uomini poco savi e che hanno il natura senno perduto; ma se tu mi dí perché a questo se’ mosso, la cagione potrebbe essere tale che io loderei che la tua impresa si mettesse avanti. Giá sai tu bene che di me tu ti puoi interamente fidare, con ciò sia cosa ch’io lungamente in diverse cose ti sia stato maestro fedelissimo, e amoti come se caro figliuolo mi fossi: dunque non ti guardar da me». Florio rispose: «Caro maestro, veramente se alcuna virtu è in me, dagl’iddii e da voi la riconosco; e senza dubbio, s’io non avessi avuto in voi ferma fede, niuno accidente mai per tal cosa mi ci avrebbe potuto tirare; ma poi che vi piace sapere il perché a quest’ora per l’armi sia venuto, vel dirò. A voi non è stato occulto l’ardente amore che io a Biancofiore ho portato e porto, della quale, oggi, dormendo io, mi furon mostrate dalla santa dea Venus di lei dolorose cose: però che stando io con lei sopra a Marmorina in una oscura nuvola, vidi chiamare la mia semplice giovane, e porle uno avvelenato pavone in mano, e vidiglielo portare per comandamento altrui alla reale mensa dove voi sedevate; e dopo questo vidi e udii il grande romore che si fece, avveggendosi la gente dell’avvelenato pavone, e lei vidi furiosamente mettere in una cieca carcere; e ancora dopo lungo consiglio vidi scrivere il processo della iniqua sentenza, che dare si deve domattina contra lei. E queste cose tutte vedeste voi, e a me non ne diciavate cosa alcuna. Ma io ne ringrazio gl’iddii che mostrate me l’hanno, e datomi vero aiuto e buono argomento a resistere alla crudel sentenza e ad annullarla, sí come credo fare con questa spada in mano, la quale Venere mi donò per la difensione di Biancofiore. E se il potere mi fallisse, intendo di volere anzi con esso lei in un medesimo fuoco morire, che dopo la sua morte dolorosamente vivendo stentare».