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libro secondo 113

taceva. Perché vedendo questo il re, che oltre al detto del siniscalco niuno diceva, né a quello era alcuno che opponesse, disse: «Adunque, signori, per mio avviso pare che consigliate che Biancofiore debba di fuoco morire, e certo in tal parere era io medesimo; e però vengano immantinente i giudici, i quali di presente la giudichino, che senza giudiciale sentenza io non intendo di fatto farla morire, acciò che alcuno non possa dire che io in ciò i termini della ragione trapassi, né similmente voglio far dare alla giustizia troppo indugio, perciò che le troppo indugiate giustizie molte volte sono da pietá impedite, né hanno poi il compimento loro». Furono di presente i giudici nel cospetto del re, a’ quali egli comandò che senza dimora la crudele sentenza dessero contro a Biancofiore. Al quale i giudici risposero: «Signore, le leggi vietano di dare in dí solenni mortale sentenza contro ad alcuna persona, e oggi è giorno di tanta solennitá, quanta voi sapete; ma noi scriveremo il processo ordinatamente, e al nuovo giorno la daremo senza fallo, e la faremo mettere ad esecuzione». A’ quali il re disse: «Poi che oggi le leggi il vietano, domattina per tempo senza dimora si faccia». E questo detto, si partí lo iniquo consiglio. E il duca e Ascalione senza prendere alcun congedo si partirono, non volendo udire l’iniqua sentenza; e avanti che il sole le sue luci messe avesse sotto l’onde occidentali, giunsero a Montorio, dove smontarono, faccendo a Florio gran festa, il quale solo e con molti pensieri trovarono.

Era con la reina ancor Biancofiore i vanti de’ gran baroni recitando, quando i furiosi sergenti vennero impetuosamente senza alcun ordine a prenderla, e lei piangendo, senza dire per che presa l’avessero, ne la menarono. O misera fortuna, subita rivolgitrice de’ mondani onori e beni, poco avanti niuno barone era nella real corte, ch’avesse avuto l’ardire di porre la mano adosso a Biancofiore, o di farne sembiante, ma ciascuno s’ingegnava di piacerle, e ora a vilissimi ribaldi si dispregiare consentisti la sua grandezza, che, senza narrare il perché, presala oltraggiosamente ne la menarono via. Certo