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112 | il filocolo |
a fine di scaricar me e di levare voi di sospezione; ma io non guarderò giá a quello che ciascheduno possa dire o dica, ch’io non vi dia consiglio in quello che dimandato avete, sí come a legittimo e vero signore dar si debba, e in tutto ciò che per me conosciuto sará, sempre riserbandomi all’ammendamento di voi, dov’io fallassi. E cosí m’aiutino gl’immortali iddii, come io sono quello che con diritta coscienza giudicherò; e cosí dico: ‛Il fallo, il quale Biancofiore ha fatto, è tanto manifesto, che in alcuno atto ricoprire non si pote, né simigliantemente si pote occultare il grande onore fattole da voi: per la qual cosa ella avendo cosí fatto fallo voluto fare, merita maggiore pena. E certo, se quello che in effetto s’ingegnò di mettere, avesse solamente pensato, merita di morire; onde per mio consiglio e giudicio dico che misurando giustamente la pena col fallo, che ella muoia: e sí come ella voleva che la vostra vita per la focosa forza del veleno si consumasse, cosí la sua con ardente foco consumata sia’. E certo tale giudicio assai pare a me medesimo crudele; e non volontieri il dono per consiglio che si dea, perciò che per la sua piacevole bellezza assai l’amava; ma nella giustizia, né amore, né pieta, né parentado, né amistá deve alcuno piegare della diritta via della veritá. Non per tanto, voi siete savio, e appresso di molti piú savii uomini che io non sono avete, e come signore potete ogni mio detto indietro rivolgere, o mettere in esecuzione. Però lá dove nel mio consiglio, il quale giusto al mio arbitrio donato v’ho, si contenesse fallo, saviamente l’ammendate». E piú non disse.
Non fu alcuno degli altri nobili uomini, che nel consiglio del re sedevano, che si levasse a parlare contro a Biancofiore, ma tacendo tutti, di questa opera stupefatti, dierono segno di consentire al detto del siniscalco, ben che a molti senza comparazione dispiacesse, sentendo che Biancofiore era in prigione, in maniera che sue ragioni scusandosi non poteva usare: e volontieri per difender lei avrebbono parlato, ma quasi ognuno s’era avveduto che al re piacevano queste cose e con sua volontá eran fatte, onde per non dispiacergli ciascuno