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106 il filocolo

piattello d’argento, sopra il quale l’avvelenato pavone dimorava, dicendo: «Portato avanti, però che piú non c’è da stare». Biancofiore, preso quello senza farsene alcuna credenza, non avvedendosi dello inganno, con esso passò nella sala, nella quale, sí tosto com’ella entrò dentro, parve che nuova e maravigliosa luce vi crescesse per la chiarezza del suo bel viso; e fatta la debita reverenza al re, e con dolce saluto tutti gli altri che mangiavano salutati, s’appressò alla reale mensa, e con vergognoso atto, dipinta nel viso di quel colore che il gran pianeto, partendosi l’aurora, in cielo in diverse parti dipigne, cosí disse: «Poi che gl’iddii si mostrano verso me graziosi e benigni, avendo conceduto che io a questo onore fossi, piú tosto che alcun’altra giovane, eletta a portare davanti alla vostra real presenza il santo uccello di Giunone, il quale per quella dea, al cui servizio giá fu disposto, merita che qualunque alla sua mensa il dimanda si doni alcun vanto, il quale poi ad onore di lei con sollecitudine adempia: onde io per questo prendo ardire a dimandarlovi, e caramente vi priego che voi e i vostri compagni a ciò rendere non mi siate ingrati, ma con benigno aspetto continuiate la valorosa usanza. E voi, altissimo signore, sí come piú degno per la real dignitá, per senno e per etá, in prima, se vi piace, comincerete, acciò che gli altri per esempio di voi debitamente procedano». E qui si tacque.

Al nuovo e mirabile splendore si maravigliarono tutti i dimoranti della gran sala, non meno che alla chiara voce di Biancofiore, piena di soavissima melodia; e a lei graziosamente rendero il suo saluto. E il re, il quale allegro era nell’animo, perciò che giá vedeva per la pensata via appressarsi al disiderato fine, con lieto viso, poi che tutta la sala tacque, disse: «Certo, Biancofiore, la tua bellezza adorna di virtuosi costumi, e la degnitá del santo uccello insieme, meritano degnamente ricchissimi vanti; né a questo alcun di noi può debitamente disdirsi: ond’io, sí come principale capo del nostro regno, comincerò, poi che la ragione con il tuo volere il domanda». E voltatosi verso l’antica imagine di Giove, nella