Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/95

accendesse l’ardore della punizione? O iddii, rivolgete in lui alcuni di quelli pericoli, o tutti, de’ quali io già dubitai; uccidetelo di qualunque generazione di morte piú vi piace, acciò che io ad un’ora tutta e l’ultima doglia senta, che mai debba sentire per lui, e voi e me vendichiate ad un’ora. Non consentite che io sola per li peccati di lui pianga la pena, ed egli, voi e me avendo beffati, lieto si goda con la nuova sposa, e cosí per contrario tagli la vostra spada.

Poi, non meno accesa d’ira, ma con pianto piú fiero rivolgendo a Panfilo le parole, mi ricorda che io cominciai: O Panfilo, ora la cagione della tua dimora conosco, ora i tuoi inganni mi sono palesi, ora veggo che ti ritiene, e qual pietà. Tu ora celebri i santi imenei, e io, dal tuo parlare e da te e da me medesima ingannata, mi consumo piagnendo e con le mie lagrime apro la via alla mia morte, la quale con titolo della tua crudeltà debitamente segnerà la sua dolente venuta; e gli anni, i quali io cotanto disiderai d’allungare, si mozzeranno, essendone tu cagione. O scelerato giovine e pronto ne’ miei affanni! Or con che cuore hai tu presa la nuova sposa? Con intendimento d’ingannare lei, come tu hai me fatto? Con quali occhi la riguardasti tu? Con quelli con li quali miseramente me credula troppo pigliasti? Qual fede le promettesti tu? Quella che tu avevi a me promessa? Or come potevi tu? Non ti ricordi tu che piú che una volta la cosa obligata non si può obligare? Quali iddii giurasti? Gli spergiurati da te? Ohimè misera! che io non so quale avverso piacere l’animo t’accecò, sentendoti mio, che tu d’altrui divenissi. Ohimè! per qual colpa meritai io d’esserti cosí poco a cura? Dove è fuggito da noi cosí tosto il lieve amore? Ohimè! che fa