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tuo. Gitta via omai i disiderii di riaverlo, abandona la mal ritenuta speranza, poni giú il fervente amore, lascia i pensieri matti; credi omai agli agurii e alla tua divinante anima,.e comincia a conoscere gl’inganni de’ giovini. Tu se’ a quello punto venuta, là dove l’altre sogliono venire che troppo si fidano.

E con queste parole mi raccesi nell’ira, e rinforzai il pianto; e da capo con parole troppo piú fiere ricominciai cosí a parlare: O iddii ove sete? Ove ora mirano gli occhi vostri? Ov’è ora la vostra ira? Perchè sopra lo schernitore della vostra potenza non cade? O spergiurato Giove, che fanno le folgori tue? Ove ora le adoperi? Chi piú empiamente l’ha meritate? Come non scendono esse sopra il pessimo giovine, acciò che gli altri per innanzi di spergiurarti abbiano temenza? O luminoso Febo, dove sono ora le tue saette, male merite di ferire il Fitone, a rispetto di colui che falsamente te a’ suoi inganni chiamò testimonio? Privalo della luce de’ raggi tuoi, e non meno gli torna nemico che tu fosti al misero Edippo. O voi altri qualunque dii e dèe, e tu Amore, la cui potenza ha schernita il falso amante, come ora non mostrate le vostre forze e la dovuta ira? Come non convertite voi il cielo e la terra contra il novello sposo, sí che egli nel mondo per essemplo d’ingannatore e d’annullatore della vostra potenza non rimanga a piú schernirvi? Molto minori falli mossero già l’ira vostra a vendetta men giusta. Dunque ora perchè tardate? Voi non potreste appena tanto incrudelire verso di lui, che egli debitamente punito fosse.

Ohimè misera! Perchè non è egli possibile che voi l’effetto de’ suoi inganni cosí sentiate come io, acciò che cosí in voi come in me s’