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quasi reputando d’avere, brevissimo spazio disegnò alla mia dimora. E così, me con meco racconsolata, lascio questo andare, intrando in altri.

Alcun’altra volta con più gravezza mi venne pensato lui avere il piè percosso nel limitare dell’uscio della nostra camera, sì come la fedele serva m’avea ridetto; e ricordandomi che a niuno altro segnale Laudomia prese tanta fermezza, quanta a così fatto del non redituro Protesilao, già molte volte ne piansi, quello medesimo di ciò sperando che n’è avvenuto. Ma, non capendomi allora nell’animo che avvenire mi dovesse, quasi vani cotali pensieri imaginai da dover lasciare andar via. I quali però non si partiano a mia posta, ma talvolta altri sopravvegnendone, questi m’uscivano di mente, pensando a già venuti, i quali tanti e tali erano, che di quelli il numero, non che altro, graverebbe a ricordarsi.

Egli non mi venne una volta sola nell’animo l’avere già letto ne’ versi di Ovidio che le fatiche traevano a’ giovini amore delle menti, anzi mi veniva tante quante volte io mi ricordava lui essere in camino. E sentendo quello non piccolo affanno, e massimamente a chi è di riposo uso, o il fa contro voglia, forte meco dubitava in prima non quello avesse forza di torlomi, e appresso non la invita fatica nè il noioso tempo gli fosse cagione d’infermità, o di peggio. E in