Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/35

alla risposta, appena potendo la lingua a perfetta parola conducere, pur le risposi: Cara nutrice, niuna cosa nuova mi stimola, nè più sollecitudini sento che io mi sia usata; solamente li naturali corsi, non tenenti sempre d’una maniera li viventi, ora più che l’usato mi fanno pensosa.

Certo, figliuola, tu m’inganni, - rispose la vecchia balia - nè pensi quanto sia grave il fare alle persone attempate credere in parole una cosa, e un’altra negli atti mostrarne; egli non t’è bisogno celarmi quello che io, già sono più giorni, in te manifestamente conobbi.

Ohimè! che quando io udii così, quasi dolendomi e sperando e crucciandomi, le dissi: Dunque, se tu il sai, di che addimandi? A te più non bisogna se non celare quello che conosci.

Veramente - disse ella allora - celerò io quello che non è licito che altri sappia; e avanti s’apra la terra e me tranghiotta, che io mai cosa che a te torni a vergogna, palesi: gran tempo è che io a tenere celate le cose apparai. E perciò di questo vivi sicura, e con diligenza guarda non altri conosca quello che io, senza dirlomi tu o altri, ne’ tuoi sembianti ho conosciuto. Ma, se quella sciocchezza, nella quale io ti conosco caduta, ti si conviene, se in quel senno fossi nel quale già fosti, a te sola il lascerei a pensare, sicurissima che in ciò luogo il mio ammaestrare non avrebbe. Ma perciò che questo crudele tiranno, al quale, sì come giovine, non avendo tu presa guardia di lui, semplicemente ti se’ sommessa, suole insieme con la libertà il conoscimento occupare, mi piace di ricordarti e di pregarti che tu del casto petto esturbi e cacci via le cose nefande, e ispegni le disoneste fiamme, e non ti facci a turpissima speranza servente. E ora è tempo da resistere con