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specchio il fidato consiglio, e le mie mani, non so da che maestra nuovamente ammaestrate, ciascuno giorno più leggiadra ornatura trovando, aggiunta l’artificiale alla naturale bellezza, tra l’altre splendidissima mi rendeano.

Gli onori similmente a me fatti per propria cortesia dalle donne, ancora che forse alla mia nobiltà s’affacessero, quasi debiti cominciai a volerli, pensando che, al mio amante parendo magnifica, più giustamente mi gradirebbe; l’avarizia, nelle femine innata, da me fuggendosi, cotale mi lasciò, che così le mie cose come non mie m’erano care, e liberale diventai; l’audacia crebbe, e alquanto mancò la feminile tiepidezza, me follemente alcuna cosa più cara reputando che prima; e oltre a tutto questo, gli occhi miei, infino a quel dì stati semplici nel guardare, mutarono modo e mirabilmente artificiosi divennero al loro oficio. Oltre a queste, ancora molte altre mutazioni in me apparirono, le quali tutte non curo di raccontare, sì perchè troppo sarebbe lungo, e sì perchè credo che voi, sì come me innamorate, conosciate quante e quali sieno quelle che a ciascuna avvengono, posta in cotal caso.

Era il giovine avvedutissimo, sì come più volte esperienza rendè testimonio. Egli rade volte e onestissimamente vegnendo colà dove io era, quasi quel medesimo avesse proposto che io, cioè di celare in tutto l’amorose fiamme, con occhio cautissimo mi mirava. Certo, s’io negassi che, quando ciò mi avveniva che io il vedessi, amore, quantunque fosse in me sì possente che più non potea, alcuna cosa, quasi l’anima ampliando per forza crescesse, io negherei il vero. Egli allora in me le fiamme accese facea più vive, e non