Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/191

mio Panfilo? Certo sì: dunque chi mi comanda di piagnere? Da niuna parte m’è ora giunta di tristizia cagione; ora adunque chi mi vieta d’adornarmi di nuovi fiori e delle ricche robe? Ohimè! che io non so, e pur vietato m’è, nè so da chi.

E così stando, quasi in me non fossi, intra li miei errori, non volendo io, da’ miei occhi caddero lagrime, e in mezzo le voci mie venne l’usato pianto: così il lungamente afflitto petto ancora amava gli assuefatti lagrimari. La mente mia, quasi del futuro indovina, col pianto, di ciò che avvenire doveva mandò fuori aperti segni, per li quali io ora veramente conosco allora a’ navicanti grandissima tempesta essere apparecchiata, quando senza vento enfiano li mari tranquilli; ma pure, vaga di vincere quello che l’anima non voleva, dissi: O misera, quali annunzii, quali èmpeti, non bisognandoti, venturi t’infigni? Presta la credula mente a’ beni venuti: che che questo sia che tu t’annunzi, tardi temi e senza profitto.

Adunque, da questo ragionare innanzi io mi diedi sopra la cominciata letizia, e li tristi pensieri, come potei, da me cacciai; e sollecitata la cara balia che intenta stesse della tornata del nostro amante, trasmutai li tristi vestimenti in lieti, e di me cominciai ad avere cura, acciò che da lui tornato per afflitto viso rifiutata non fossi. La palida faccia cominciò a riprendere il perduto colore, e la partita grassezza cominciò a ritornare, e le lagrime, del tutto andate via, se ne portarono con loro il purpureo cerchio fatto d’intorno agli occhi miei; e gli occhi nel debito luogo tornati riebbero intera la luce loro, e le guance per lo lagrimare divenute aspre si ritornarono nella pristina loro morbidezza; e li nostri