Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/190

o Fortuna, pietosa tornata de’ miei danni, la promessa imagine testante li tuoi beneficii donerò di presente. Priegovi nonpertanto con quella umiltà e divozione che più vi puote essaudevoli rendere, che voi ogni accidente possibile a sturbare la proposta tornata del mio Panfilo sturbiate e togliate via, e lui sano e senza impedimento qui produciate, come egli fu mai.

Finita l’orazione, non altramente che falcone uscito di cappello plaudendomi, così a dire cominciai: O amorosi petti, lungamente da’ mali indeboliti, omai ponete giù le sollecite cure, poscia che ’l caro amante di noi ricordantesi torna come promise. Fuggasi il dolore, la paura e la grave vergogna nell’afflitte cose abondante, nè come per addietro la fortuna v’abbia guidati vi venga in pensiero, anzi cacciate via le nebbie de’ crudeli fati, e ogni sembiante del misero tempo da voi si parta, e torni il lieto viso al presente bene, e la vecchia Fiammetta della rinnovata anima del tutto si spogli fuori.

Mentre che io cotali parole lieta fra me dicea, il cuore divenne dubbio, e non so onde nè come tutta m’occupasse una sùbita tiepidezza, che indietro tirò la volontà presta a rallegrarsi; per che quasi smarrita rimasi nel mezzo del mio parlare. Ohimè! che questo vizio propriamente li miseri sèguita, cioè il non potere mai credere alle cose liete; e avvegna che la felice fortuna ritorni, nonpertanto agli afflitti incresce di rallegrarsi, e quasi sognare credendosi, quella, come non fosse, usano mollemente; per che io fra me quasi come attonita cominciai: Chi mi richiama o vieta dalla cominciata allegrezza? Non torna egli il