Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/180

ed eziandio ne’ vitali argomenti fu già trovata: dunque, lasciami morire prima che più divenendo dolente che io mi sia, con più feroce animo la domandi.

Io, mentre che queste parole miseramente diceva, non teneva le mie mani in riposo, ma ora questa ora quella serva rabbiosamente pigliando, a quale levate le treccie tutta la testa pelava, e a quale ficcando le unghie nel viso, miseramente graffiandola, la faceva filare sangue, e ad alcuna mi ricorda che io tutti i poveri vestimenti in dosso le squarciai. Ma ohimè! che nè la vecchia balia nè le lacerate serve ad alcuna cosa mi rispondevano, anzi piagnendo in me usavano pietoso oficio. Io allora più mi sforzava vincerle con parole, ma nulla valeano; per che con romore a gridare cominciai: O mani inique e possenti ad ogni male, voi, ornatrici della mia bellezza, foste gran cagione di farmi tale che io fossi disiderata da colui il quale io più amo: dunque, poichè male del vostro oficio m’è seguito, in guiderdone di ciò ora l’empia crudeltà usate nel vostro corpo, laceratelo, apritelo, e quindi la crudele anima e inespugnabile ne traete con molto sangue. Tirate fuori il cuore ferito dal cieco Amore; e poichè tolti vi sono i ferri, lui con le vostre unghie, sì come di tutti i vostri mali cagione principale, senza alcuna pietà laniate.

Ohimè! che le mie voci mi minacciavano li disiderati mali, e comandavanlo alle volonterose mani ad eseguire; ma le preste fanti m’impedirono, tenendole contro a mia voglia.

Poi la trista balia e importuna con dolenti voci incominciò cotali parole: O cara figliuola, io ti priego per questo misero seno onde tu li primi alimenti traesti, che con umiliata mente alquante mie poche