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VII il che cessilo Iddio, care vi sarebbono rendendolevi. E nelle tre edizioni su indicate questo periodo è così trasformato: Priegovi adunque, che quelle non ritegniate; pensando, che se a’ miei casi, che così poco stabili sono, i vostri simili divenissero ( il che cessi Iddio ) caro vi sarebbe, che io ve le rendessi (*). Alla pag. 54 di questa edizione trovan-

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  1. (*) Non credo di dispiarere al diligente lettore additando alcune emendazioni più importanti da me procurate nella presente edizione. pag. 6. v. 4 leggo: me retinente, invece di me renitente. p. 9. v. 9: con debita gravila, e non: con debita grazia. p. 9. v. 23, dell′ altre cose già dette estimante e non: de IV altre cose già dette., e islimale. p. 21. {f. 28. O gioi’ane più che alcuna altra mobile., e non: O giovane assai pili eh* alcun altra nobile, p. 22.. l: o poco savia sostieni., e per le nostre parole riguarda, se a te quello che al cielo e al mondo e bastato e assai. Quantunque Febo surgente co* chiari raggi di Gange insino ali* ora che nelV onde d* Esperia si tuffa colli lassi carri alle sue fatiche dare requie, vede nel chiaro giorno ec. e non: O poco savia, sostieni per le nostre parole quel, che al cielo e al mondo è bastato. Che sui, che quanto Febo surgente co chiari ragoi di Gange, infino allora, che nelV onde d* Esperia si tuffa con le lasse carra, per dare alle suejatiche requie, vede nel chiaro giorno. E p. 22.. 15: Questi (Amore) colle sue fiaccole riscaldati gì* Iddìi, comandò per addietro die essi lasciati i cieli con Jalsi visi ahitassono le terre. E non: Questi agi* Iddii, dalle sue fiaccole riscaldati, comandò, che lasciati i eieli,per innanzi, co* falsi visi, abitassero le terre. . 23. v. 7. Giove divenuto Giovenco li suoi dossi umiliò alli gioghi virginei: e prima leggevasi: // suoi dossi umiliò a* ginocchi verginei. Ed è questa io credo la prima volta che i ginocchi ebbero l’onore della verginità, p. 23. V. 17: delle trisuìchejolgori, e innanzi leggevasi in odio a quesl’adieltivo: delle fulgori, p. 3o. v. 24: che non insegna j4more a* suoi suggelli, e a che non gli fa egli abili ad imparare? L’antico editore vi aggiunse uu poco del suo fior di farina, e corresse: che non insegna amore a* suo suggetti? E chi non fa egli abili ad imparare be* costumi, e snvii ragionamenti, p. 34«v. 13: colla testa mi pareva il cielo toccare, e nulla mancare a me al sommo colmo della beatitudine tenere, reputava senno solamente in aperto mostrare la cagione della mia gioia ec. e prima fu stampalo: con l