Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/121

e allora miseramente te conoscono aver mutato viso. E di questi cotali io misera mi trovo, nè so quale inimicizia o cosa da me commessa inverso te a ciò t’inducesse, o mi ci noccia. Ohimè! chiunque nelle grandi cose si fida, e potente signoreggia negli alti luoghi, l’animo credulo dando alle cose liete, riguardi me, d’alta donna piccolissima serva tornata, e peggio, che disdegnata sono dal mio signore, e rifiutata. Tu non desti mai, o Fortuna, piú ammaestrevole essemplo di me de’ tuoi mutamenti, se con sana mente si riguarderà. Io da te, o Fortuna mutabile, nel mondo ricevuta fui in copiosa quantità de tuoi beni, se la nobiltà e le ricchezze sono di quelli, sí come io credo; e oltre a ciò in quelle cresciuta fui, nè mai ritraesti la mano. Queste cose certo continuamente magnanima possedei, e come mutabili le trattai e, oltre alla natura delle femine, liberalissimamente l’ho usate.

Ma io, ancora nuova, te delle passioni dell’anima donatrice non sappiendo che tanta parte avessi ne’ regni d’Amore, come volesti, m’innamorai, e quello giovine amai, il quale tu sola, e altri no, parasti davanti agli occhi miei allora che io piú ad innamorar mi credea essere lontana. Il piacere del quale poi che nel cuore con legame indissolubile mi sentisti legato, non stabile piú volte hai cercato di farmene noia; e alcuna volta hai li vicini animi con vani e ingannevoli ingegni sommossi e talvolta gli occhi, acciò che palesato nocesse il nostro amore. E piú volte, sí come tu volesti, sconce parole dell’amato giovine alli miei orecchi pervennero, e alli suoi di me sono certa che facesti pervenire, possibili, essendo credute, a generare odio; ma esse non vennero mai al tuo intendimento