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volte.
Noi alcuna volta sotto gli altissimi scogli sopra il mare estendentisi e facienti ombra graziosissima, sulle arene poste le mense con compagnia di donne e di giovini grandissima mangiavamo. Nè prima eravamo da quelle levate, che sonantisi diversi strumenti, i giovini varie danze incominciavano, nelle quali me medesima, quasi sforzata, alcuna volta convenne pigliare; ma in esse, sí per l’animo non a quelle conforme, e sí per lo corpo debole, per piccolo spazio durava; per che indietro trattami, sopra gli stesi tappeti con alcune altre mi ponea a sedere. Quivi ad un’ora i suoni ascoltando entranti con dolci note nell’animo mio, e a Panfilo pensando, discorde, festa con noia comprendo; perciò che i piacevoli suoni, ascoltando, in me ogni tramortito spiritello d’amore fanno risuscitare, e nella mente tornare i lieti tempi, ne’ quali io al suono di quelli variamente con arte non piccola, in presenza del mio Panfilo laudevolmente soleva operare; ma quivi Panfilo non vedendo, volontieri, con tristi sospiri, pianti l’averei dolentissima, se convenevole mi fosse paruto. E oltre a ciò, questo medesimo le varie canzoni quivi da molte cantate mi solevano fare; delle quali se forse alcuna n’era conforme alli miei mali, con orecchia l’ascoltava intentissima, di saperla disiderando, acciò che poi fra me ridicendola, con piú ordinato parlare e piú coperto mi sapessi e potessi in publico alcuna volta dolere, e massimamente di quella parte de’ danni miei che in essa si contenesse.
Ma poi che le danze in molti giri volte e reiterate hanno le giovini donne rendute stanche, tutte postesi con noi a sedere, piú volte avvenne che i giovini