Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/110

in questi tempi ci dà di visitarle materia. Quivi non mai senza festa e somma allegrezza con donne nobili e cavalieri si dimora. E però tu, non sana dello stomaco, e nella mente, per quel che io discerna, di molesta malinconia affannata, con meco per l’una sanità e per l’altra voglio che venghi; nè fia fermamente senza utile il nostro andare.

Io allora, queste parole udendo, quasi dubbiosa non nel mezzo della nostra dimora tornasse il caro amante, e cosí nol vedessi, lungamente penai a rispondere; ma poi, vedendo il suo piacere, imaginando che, vegnendo egli, esso dove che io fossi verrebbe, risposi me al suo volere apparecchiata, e cosí v’andammo.

Oh, quanto contraria medicina operava il mio marito alle mie doglie! Quivi posto che i languori corporali molto si curino, rade volte o non mai vi s’andò con mente sana, che con sana mente se ne tornasse, non che l’inferme sanità v’acquistassero. E in verità di ciò non è maraviglia, chè o il sito vicino alle marine onde, luogo natale di Venere, che il dia, o il tempo nel quale egli piú s’usa, cioè nella primavera, sí come a quelle cose piú atto, che il faccia, non so; ma per quello che già molte volte a me paruto ne sia, quivi eziandio le piú oneste donne, posposta alquanto la donnesca vergogna, piú licenza in qualunque cosa mi pareva si convenisse, che in altra parte; nè io sola di cotale oppinione sono, ma quasi tutti quelli che già vi sono costumati. Quivi la maggior parte del tempo ozioso trapassa, e qualora piú è messo in essercizio, si è in amorosi ragionamenti, o le donne per sè, o mescolate co’ giovini; quivi non s’usano vivande se non dilicate, e vini per antichità nobilissimi, possenti