Pagina:Boccaccio - Fiammetta di Giovanni Boccaccio corretta sui testi a penna, 1829.djvu/106

ritorna; e se i graziosi diletti non hanno forza di qua tirarti, tíritici il volere da morte turpissima liberare colei che sopra tutte le cose t’ama. Ohimè! che se tu ora tornassi, appena ch’io creda che tu mi riconoscessi, sí m’ha trasformata l’angoscia. Ma certo ciò che infinite lagrime m’hanno tolto, brieve letizia, vedendo il tuo bel viso, mi renderebbe, e senza fallo tornerei quella Fiammetta che già fui.

Deh vieni, vieni, chè ’l cuor ti chiama: non lasciar perire la mia giovinezza presta a’ tuoi piaceri. Ohimè! ch’io non so con che freno io temperassi la mia letizia, se tu tornassi, in modo che a tutti manifesta non fosse; per che io, e meritamente, dubito che ’l nostro amore, lungamente e con grandissimo senno e sofferenza celato, non si scoprisse a ciascuno. Ma ora pur venissi tu a vedere, se cosí ne’ prosperi casi come negli avversi l’ingegnose bugie avessero luogo! Ohimè! or fossi tu già venuto, e se meglio non potesse essere, sapesselo chi volesse, chè a tutto mi crederei dare riparo.

E questo detto, quasi come se egli le mie parole avesse intese súbito mi levava e correva alla finestra, me nell’estimazione ingannando d’udire quello che io udito non avea, cioè che egli la nostra porta toccasse, come era usato. Oh quante volte, se i solleciti amanti avessero saputo questo, forse sarei stata potuta ingannare, se alcuno malizioso sè Panfilo avesse finto a cotali punti! Ma poi che la finestra aperta aveva, e riguardata la porta, gli occhi del conosciuto inganno mi faceano piú certa; e cotale la vana letizia in me con turbazione súbita si volgeva, quale, poi che il forte albero rotto da’ potenti venti con le vele ravviluppate in mare a forza da quelli è trasportato, la tempestosa onda cuopre senza contrasto