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che nè l’uno nè l’altro; nè per l’una ragione nè per l’altra fatto l’avesse, ma solamente per voglia di berlingare e di cinguettare, di che ella è vaghissima, sì ben dire le pare, essendole venuta meno materia di dover dire di sè alcuna gran bugia, per avere onde dirla, te dimostrava. Ma qual che la cagion si fosse, ricorrer dovevi prestamente a quella infallibile verità, cioè niuna femmina esser savia, e perciò non poter saviamente adoperare; e se riprensione in ciò cadeva, sopra te doveva degnamente cadere, siccome colui che credevi, avendola alcuna volta guardata, o portandole alcuno amore, quello aver fatto di lei in sua vecchiezza, che nè la natura nè forse i gastigamenti aveano potuto nella sua giovanezza fare, cioè che ella savia fosse, o alcuna cosa saviamente operasse. Tu adunque non considerando nè a te nè a lei quello che dovevi, se cruccio grave n’avesti cagione te ne fosti. Ma lasciamo stare l’essere le femmine così fiere così vili così orribili così dispettose, come ricordato t’hanno le mie parole, e l’avere la tua lettera così fieramente palesata, e te per qualunque delle dette cagioni, o per qualunque altra voglia, avere a dito dimostrato alle femmine, e vegnamo al focoso amore che portavi a costei, e ragioniamo della tua demenzia in quello. Io voglio presupporre, che vero fosse ciò che l’amico tuo del valore di costei ti ragionò; il che se così credesti che fosse, mai non mi farai credere che in lei libidinoso amore avessi posto, siccome colui che avresti conosciuto quelle virtù essere contrarie a quello tuo vizioso desiderio; e per conseguente, essendo esse in lei, mai non dover venire fatto in quello atto cosa che tu avessi voluta: sicchè