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go tempo passato, che del vostro mondo si partì uno che con tanta afflizione la trafisse, ch’ella stette de’ dì presso a otto ch’ella non volle bere uovo nè assaggiar pappardelle. Ma io così fidatamente ne favellava, perciocchè saper mi pareva, e so, che le sue orazioni e paternostri sono i romanzi franceschi e le canzoni latine; e quali ella legge di Lancelotto e di Ginevra e di Tristano e d’Isotta, e le loro prodezze e i loro amori, e le giostre e i torniamenti e le semblee. Ella tutta si stritola quando legge, Lancelotto o Tristano o alcuno altro con le loro donne nelle camere segretamente e soli raunarsi, siccome colei alla quale par vedere ciò che fanno, e che volentieri, come di loro immagina, così farebbe, avvegnachè ella faccia sì che di ciò corta voglia sostiene. Legge la canzone dello indovinello e quella di Florio e di Biancifiore e simili cose assai: e se ella forse a così fatta lezione non intende, a guisa d’una fanciulletta lasciva con certi animaletti che in casa tiene si trastulla, infino all’ora che venga più desiderato trastullo e che con lei si congiunga. E acciocchè tu alcuna cosa più che non sai sappi della sua vita presente, t’affermo io, che dopo la morte mia, oltre agli altri suoi divoti, ha ella per amante il secondo Ansalone, di cui poco avanti alcuna cosa ti dissi, assai malconveniente a’ suoi piaceri: il quale, come che per più legittime cagioni si dovesse da così fatta impresa ritrarre, mal conoscente di ciò che Dio gli ha fatto, pur vi s’è messo; ma non sarà senza vendetta l’offesa: perciocchè se nel mondo nel quale io dimoro non si mente, che nol credo, nè non mi pare, egli ha della moglie un tal figliuolo, e per suo il nu-