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o de’ vocaboli del mio parlare: e perciò tornando al proposito, e volendo di questa donna, nuova posseditrice dell’anima tua divenuta, partitamente parlare, alquanto di quelle dirò che a te non poterono essere note nè per veduta nè per immaginazione, perciocchè fuggito l’hai.

Primieramente mi piace di quella bellezza incominciare, la qual, tanto le sue arti valsono, che te non solamente, ma molti altri, che meno di te erano presi, abbagliò, e di sè mise in falsa opinione, cioè della freschezza della carne del viso suo: la quale essendo artificiata, e simile alle mattutine rose parendo, con teco molti altri naturale estimarono: la quale se a te e agli altri stolti, come a me, possibile fosse stato d’avere, quando la mattina del letto fosse uscita, veduta prima che posto s’avesse il fattibello, leggiermente il vostro errore avresti riconosciuto. Era costei, e oggi più che mai credo che sia, quando la mattina usciva del letto col viso verdegiallo, maltinto, d’un colore di fumo di pantano, e broccuta quali sogliono gli uccelli che mudano, grinza e crostuta e tutta cascante, in tanto contraria a quello che parea poichè avuto avea spazio di leccarsi, che appena che niuno il potesse credere, che veduto non l’avesse, come vid’io già mille volte. E chi non sa, che la mura affummicate, non che i visi delle femmine, ponendovi su la biacca, diventano bianche, e oltre a ciò colorite, secondo che al dipintore di quelle piacerà di porre sopra il bianco? e chi non sa, che per lo rimenare la pasta, che è cosa insensibile, non che le carni vive, gonfia, e dove mucida parea, diviene rilevata? Ella si stropicciava tanto, e tanto si dipigneva, e sì faceva la buccia, la