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questa nocenzia putrida e villana, tu se’ senza niuno dubbio desso. Perchè io, il quale, come altri ha voluto, qui venuto sono per la tua salute, non avendo il tempo molto lungo, ai più pronti rimedi sono ricorso e ricorro; e perciò ad addolcire il tuo disordinato appetito, alcuna cosa, come udito hai, parlar mi conviene, e ancor più largo; perciocchè queste parole così dette, sono i ronconi e le securi con le quali si tagliano i velenosi sterpi le spine e i pruni e gli sconvolti bronchi, che a non lasciarti la via da uscirci vedere davanti ti sono assiepati. Queste parole, così dette, sono i martelli i picconi i bolcioni, i quali gli alti monti, le dure rocche, gli strabocchevoli balzi convien che rompano, e la via ti facciano, per la quale da tanto male, da tanta ingiuria, da tanto soperchio, da tanto pericolo, e di luogo così mortale, come è questa valle, senza impedimento ti possi partire. Sostieni adunque pazientemente d’udirle, nè paia alla tua onestà grave, nè estimare quello essere colpa difetto o disonestà del medico, di che la tua pestilenziosa infermità è cagione. Immagina queste mie parole, così sucide e così stomacose a udire, essere quel beveraggio amaro, il quale per l’avere tu troppo assentito alle cose dilettevoli e piacevoli al tuo gusto, il discreto medico già nelle tue corporali infermità t’ha donato; e pensa, se per sanare i corruttibili corpi quelle amare cose non solamente si sostengono, ma vi si fa di volontà incontro l’infermo, quanta e quale amaritudine si dee per guarir l’anima, che è cosa eterna, sostenere. Io mi credo assai bene doverti avere soddisfatto a ciò che ti potesse aver messo in dubbio, e per lo futuro potrebbe, del modo