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sti mai in iscuola tra la filosofica gente ricordare, la quale si chiama la Cianghellina. Siccome da Socrate, coloro che la sua dottrina seguirono furono chiamati socratici, e quelli che quella di Platone platonici, ha questo nome preso la nuova setta da una gran valente donna, la quale tu molte volte puoi avere udita ricordare, che fu chiamata madonna Cianghella, per la cui sentenzia, dopo lunga e seriosa disputazione, fu nel concilio delle donne discrete e per conclusione posto: che tutte quelle donne che hanno ardire e cuore, e sanno modo trovare d’essere tante volte e con tanti uomini con quanti il loro appetito concupiscibile richiedea, erano da esser chiamate savie, e tutte l’altre decime moccicose. Questo è adunque quel senno il quale le piace e aggrada, col quale ella con lunghe vigilie molti anni ha studiato, ed énne, oltre ad ogni Sibilla, savia divenuta e maestra: in tanto che tra lei e alcune sue consorte s’è assai volte disputato, chi più degnamente, poichè monna Cianghella più non vive, nè monna Diana ch’a lei succedette, debbia la cattedra tenere nella loro scuola. Questo è quel senno nel quale ella vorrebbe ciascuna donna o uomo esser savio o appararlo; e perciò sgannati, se male avessi inteso, e ch’ella sia savia credi sicuramente all’amico tuo. Parmi esser certo, che come nelle due già dette cose perversamente intendevi, così similemente della terza sii caduto in errore. Di’ ch’ella sempre sì è dilettata oltremodo di vedere gli uomini pieni di prodezza e di gagliardia; e credo che tu credevi ch’ella volesse, o desiderasse o le piacesse di vedere gli uomini pro’ e gagliardi con le lance ferrate giostrando, o nelle sanguinose battaglie tra mille pericoli mortali, o