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varii, de’ quali tutto dì si veggono splendenti, dai miseri mariti impetrano, il quale non s’accorge tutte quelle essere armi a combattere la sua signoria, e vincerla. Le quali poichè le loro persone e le loro camere, non altramenti che le reine abbiano, veggiono ornate, e i miseri mariti allacciati, subitamente dall’essere serve divenute compagne, con ogni studio la loro signoria s’ingegnano d’occupare; e volendo singulare esperienza prendere se donne sono nelle case, in sul far male arditamente si mettono, argomentando, che se quello è a lei sofferto che non sarebbe sofferto alla serva, chiaramente può conoscere sè donna e signoreggiante. E primieramente alle fogge nuove, alle leggiadrie non usate, anzi lascivie, e alle disdicevoli pompe si danno, e a niuna pare esser bella nè ragguardevole, se non tanto quanto ella ne’ modi nelle smancerie e ne’ portamenti somigliano le piuviche meretrici, le quali tanti nuovi abiti nè disonesti possono nella città arrecare, che loro tolti non sieno da quelle che gli stolti mariti credono esser pudiche: li quali avendo male i loro danari spesi, acciocchè gittati non paiano, queste cose nelle dette maniere lasciano usare, senza guardare in che segno debba ferir quello strale. Come esse da questo fiere nelle case divengano, i miseri il sanno che ’l pruovano: esse, siccome rapide e fameliche lupe, venute ad occupare i patrimonii i beni e le ricchezze de’ mariti, or qua or là discorrendo, in continui romori co’ servi, colle fanti, co’ fattori, co’ fratelli e figliuoli de’ mariti medesimi stanno, mostrando sè tenere riguardatrici di quelli, dove esse dissipatrici desiderano d’essere: senza che, acciocchè tenere paiano di coloro di cui esse