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nosa e quella è fruttuosa, non è da comparare. Ma da soddisfare è alla tua seconda domanda, acciocchè tu a’ tuoi impauriti spiriti interamente restituisca le forze loro: e perciò sappi, che colui, colla cui licenzia io son qui venuto, anzi a dir meglio per lo cui comandamento, è quello infinito bene che di tutte le cose fu creatore, e per lo quale e al quale tutte le cose vivono, e al quale è del nostro bene e del nostro riposo e della nostra salute troppo maggior sollecitudine che a voi stessi. Dico, che com’io queste parole dallo spirito udii, conoscendo il mio pericolo e la benignità del mandatore, io mi sentii venire nello animo una umiltà grandissima, la quale e l’altezza e la potenzia del mio Signore, la sua eterna stabilità e i suoi continui beneficii in me conoscer mi fece; e appresso la mia viltà, la mia fragilità, e la mia ingratitudine, e le infinite offese già fatte verso colui che ora nel mio bisogno, come sempre avea fatto, senza avere riguardo al mio malvagio operare, mi si mostrava pietoso e liberale. Della quale conoscenza una contrizione sì grande e pentimento mi venne delle non ben fatte cose, che non solamente mi parve che gli occhi di vere lagrime e assai si bagnassero, ma che il cuore, non altrimenti che faccia la neve al sole, in acqua si risolvesse: perchè sì per questo, e sì ancora perchè poverissimo di grazie a rendere a tanti e sì alti effetti mi sentiva, per lungo spazio mi tacqui, parendomi bene che lo spirito la cagion conoscesse: ma poichè così alquanto stato fui, ricominciai a parlare. O ben avventurato spirito, assai bene cognosco e discerno, la mia medesima coscienza ricercando, quello essere vero che tu ragioni, ciò Dio