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avanti per esso andava, tanto più parea che di piacer mi porgesse: perchè da quello sì fermo una speranza, la quale mi parea che se io al fine del sentiero pervenissi, letizia inestimabile e mai da me non sentita mi si apparecchiava. Onde pareva che in me s’accendesse un disio si fervente di pervenire a quello, che non solamente i miei piedi si moveano a correre per pervenirvi, ma mi parea che mi fossero da non usitata natura prestate velocissime ali, con le quali mentre a me parea più rattamente volare, mi parve il cammino cambiar qualità: e dove erbe verdi e varii fiori nell’entrata m’erano paruti vedere, ora sassi, ortiche, e triboli, e cardi, e simili cose mi parea trovare; senza che, indietro volgendomi, seguir mi vidi a una nebbia sì folta e sì oscura, quanto niuna se ne vedesse giammai: la quale subitamente intorniatomi, non solamente il mio volare impedio, ma quasi d’ogni speranza del promesso bene all’entrare del cammino mi fece cadere. E così quivi immobile e sospeso trovandomi, mi parve per lungo spazio dimorare, avanti che io pure, attorno guardandomi, potessi conoscere dov’io mi fossi: ma pure dopo lungo spazio assottigliatasi la nebbia, comechè ’l cielo per la sopravvenuta notte oscurato fosse, conobbi me dal mio volato essere stato lasciato in una solitudine diserta aspra e fiera, piena di salvatiche piante, di pruni e di bronchi, senza sentieri o via alcuna, e intorniata da montagne asprissime e sì alte, che con la loro sommità pareva toccassono il cielo: nè per guardare con gli occhi corporali, nè per estimazione della mente in guisa alcuna mi pareva dover comprendere nè conoscere da qual parte io mi fossi in quella entrato;