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novella terza | 51 |
Voi dovete sapere che in Siena fu giá un giovane assai leggiadro e d’orrevole famiglia il quale ebbe nome Rinaldo; ed amando sommamente una sua vicina ed assai bella donna e moglie d’un ricco uomo, e sperando, se modo potesse avere di parlarle senza sospetto, dovere aver da lei ogni cosa che egli disiderasse, non veggendone alcuno ed essendo la donna gravida, pensossi di volere suo compar divenire: ed accontatosi col marito di lei, per quel modo che piú onesto gli parve gliele disse, e fu fatto. Essendo adunque Rinaldo di madonna Agnesa divenuto compare ed avendo alquanto d’arbitrio piú colorato di poterle parlare, assicuratosi, quello della sua intenzione, con parole, le fece conoscere che ella molto davanti negli atti degli occhi suoi avea conosciuto: ma poco per ciò gli valse, quantunque d’averlo udito non dispiacesse alla donna. Addivenne non guari poi, che che si fosse la cagione, che Rinaldo si rendé frate, e chente che egli trovasse la pastura, egli perseverò in quello; ed avvegna che egli alquanto, di que’ tempi che frate si fece, avesse dall’un de’ lati posto l’amore che alla sua comar portava e certe altre sue vanitá, pure in processo di tempo, senza lasciar l’abito, le si riprese, e cominciò a dilettarsi d’apparere e di vestir di buon panni e d’essere in tutte le sue cose leggiadretto ed ornato, ed a fare delle canzoni e de’ sonetti e delle ballate, ed a cantare, e tutto pieno d’altre cose a queste simili. Ma che dico io di frate Rinaldo nostro di cui parliamo? Quali son quegli che cosí non facciano? Ahi vitupèro del guasto mondo! Essi non si vergognano d’apparir grassi, d’apparir coloriti nel viso, d’apparir morbidi ne’ vestimenti ed in tutte le cose loro, e non come colombi ma come galli tronfi con la cresta levata pettoruti procedono: e che è peggio; lasciamo stare l’aver le lor celle piene d’alberelli di lattovari e d’unguenti colmi, di scatole di vari confetti piene, d’ampolle e di guastadette con acque lavorate e con oli, di bottacci di malvagia e di greco e d’altri vini preziosissimi traboccanti, intanto che non celle di frati ma botteghe di speziali o d’unguentari appaiono piú tosto a’ riguardanti; essi non si vergognano che altri sappia, loro esser gottosi, e credonsi che altri non conosca e sappia