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criteri questioni spinose di ortografia, di pronunzia, di sintassi, di cronologia della lingua; si discute di numerosi passi controversi col sussidio di una preparazione, su scrittori fiorentini e in genere toscani, coevi e anteriori al Bocc., senza ombra di dubbio vastissima. Ma il testo delle novelle, come sembra a noi invereconda offesa all’arte ed al buon senso, cosí dispiacque a tutti subito che fu dato in pubblico: prima degli altri agli editori (cui non mancò la coscienza dell'enormitá voluta da Roma e della quale cercarono di non assumersi essi il carico), ai lettori, alla Chiesa medesima. Quest’ultima, movendo censure al riassetto dei Deputati, mirò subito a promuovere una nuova sconciatura, che l’autoritá personale del priore degl’Innocenti e l’appoggio dei Medici poterono per qualche anno stornare; ma finalmente, scomparso il Borghini, si dové porre mano al secondo scempio, demandato dal granduca Francesco I non piú ad una commissione ma ad un solo sapiente, e Lionardo Salviati fu colui che osò proclamarsi responsabile della novella rassettatura del Dec., «di nuovo ristampato e riscontrato in Firenze con testi antichi et alla sua vera lezione ridotto», come suona il titolo bugiardo (1582). Nonostante la maggior fortuna libraria della fatica salviatesca1, non potè il suo autore schivare il giudizio severo degl’intelligenti, che con la penna satirica del Boccalini lo dichiararono colpevole di «scelleraggine» biasimata da «tutti i virtuosi», e «pubblico e notorio assassino». I testi onde si giovò il Salviati furono i medesimi tenuti davanti dai Deputati, identico il giudizio datone e l’aggruppamento fattone dal nuovo editore (se si prescinde da insignificanti divergenze e dal proclamato riscontro di alcuni altri libri «da non farne molta stima»), sí che, per questo rispetto, non v’è progresso: L, ora chiamato non piú «l’Ottimo» ma «il Mannelli» in omaggio al nome di chi lo scrisse, séguita ad essere la piú fondata autoritá cui sappia appellarsi il Salviati. Solamente va segnalata con lode la prima comparsa di un apparato critico assai ampio, inteso a registrare le principali differenze dal testo del 1573 ed a giustificarle coi riferimenti delle lezioni tenute a fondamento.

Come non è mio ufficio segnalare le goffaggini, le brutture, le oscenitá, non piú ora scusate dall’intento satirico antifratesco

  1. Di quella dei Deputati non si ebbe che una ristampa nel 1575; dell’altra, quattro consecutive edizioni Giuntine tra il 1582 e l’87, ed in complesso una dozzina di ristampe sino al 1638.