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nota 341

derio dell’opera perseguitata non era pur da pensare e che una dannazione definitiva non sarebbe stata veduta di buon occhio dal granduca Cosimo I, escogitarono il grottesco rimedio di metter fuori il Dec. corretto, ossia purgato in forma «che per niun modo si parli in male o scandalo de’ preti, frati, abati, abbadesse, monaci, monache, piovani, proposti, vescovi o altre cose sacre: ma si mutin li nomi e si faccia per altro modo che parrá meglio». Fu da Roma spedita allo stampatore Giunti in Firenze una copia nella quale era segnato minutamente, parola per parola, tutto ciò che doveva essere tolto via senza remissione; l’Accademia fiorentina propose una lista di nove nomi di persone idonee ad eseguire il lavoro secondo le istruzioni della Curia romana, ed il granduca ne trascelse quattro, che furono i «Deputati» (1571). Il piú operoso e dotto dei quattro, il Borghini, compí da solo, o quasi, in un anno giusto, l’ingente fatica di rimediare nei limiti del possibile alle barbare mutilazioni, adattando saldando rifacendo con la maggior circospezione i passi lesi, riconducendo gl’illesi a quel ch’egli si persuase essere stato il testo originario boccaccesco, curando la stampa ed allestendo le Annotazioni. Il Dec. «ricorretto in Roma et emendato secondo l’ordine del Sacro Conc. di Trento e riscontrato in Firenze con testi antichi et alla sua vera lezione ridotto da’ Deputati di Loro Alt. Ser.» (cosí si legge nel frontespizio) vide la luce in Firenze nel 1573; le Annotazioni «fatte dalli molto Magnifici Sig. Deputati da Loro Altezze Serenissime» furono stampate l’anno stesso, ma pubblicate con la data del 15741.

Queste ultime, pur senza essere quel «tesoro inesausto di critica filologica» che parvero al Fanfani, segnano invero un momento saliente nella storia del testo decameroniano. In esse per la prima volta si premette un accurato studio di mss. e di stampe allo scopo di costituire la norma e la giustificazione della lezione; si mette bene in vista il valore preminente di L, che tra i codici esistenti in Firenze nell’ottavo decennio del secolo era verisimilmente il migliore; si affrontano con sicuri e talvolta moderni



  1. Si veda in proposito: Baldelli, Vita di G. Bocc. cit., pp. 291-4 (in nota è pubblicato un lungo ragguaglio, dovuto forse al Borghini, sulla storia della stampa); Biagi, La rassettatura del Dec., negli Anedd. letterari cit., pp. 282-326; A. Legrenzi, Vincenzio Borghini, Udine, 1910, II, pp. 26-45; G. Lesca, V. Borghini e il Dec., nel vol. Studii su G. Bocc., Castelfiorentino, 1913, pp. 246-63.