Pagina:Boccaccio - Decameron II.djvu/33


novella decima 27

Guccio Imbratta, e chi gli diceva Guccio Porco; il quale era tanto cattivo, che egli non è vero che mai Lippo Topo ne facesse alcun cotanto. Di cui spesse volte frate Cipolla era usato di motteggiare con la sua brigata e di dire: — Il fante mio ha in sé nove cose tali, che, se qualunque è l’una di quelle fosse in Salamone o in Aristotile o in Seneca, avrebbe forza di guastare ogni lor vertú, ogni lor senno, ogni lor santitá. Pensate adunque che uom dée essere egli, nel quale né vertú né senno né santitá alcuna è, avendone nove! — Ed essendo alcuna volta domandato, quali fossero queste nove cose, ed egli avendole in rima messe, rispondeva: — Dirolvi. Egli è tardo, sugliardo e bugiardo; negligente, disubidente e maldicente; trascutato, smemorato e scostumato: senza che, egli ha alcune altre teccherelle con queste, che si taccion per lo migliore. E quello che sommamente è da rider de’ fatti suoi è che egli in ogni luogo vuol pigliar moglie e tôr casa a pigione, ed avendo la barba grande e nera ed unta, gli par sí forte esser bello e piacevole, che egli s’avvisa che quante femine il veggiono tutte di lui s’innamorino, ed essendo lasciato, a tutte andrebbe dietro perdendo la coreggia. È il vero che egli m’è d’un grande aiuto, per ciò che mai niun non mi vuol sí segreto parlare, che egli non voglia la sua parte udire, e se avviene che io d’alcuna cosa sia domandato, ha sí gran paura che io non sappia rispondere, che prestamente risponde egli e sí e no, come giudica si convenga. — A costui, lasciandolo all’albergo, aveva frate Cipolla comandato che ben guardasse che alcuna persona non toccasse le cose sue, e spezialmente le sue bisacce, per ciò che in quelle erano le cose sacre: ma Guccio Imbratta, il quale era piú vago di stare in cucina che sopra i verdi rami l’usignuolo, e massimamente se fante vi sentiva niuna, avendone in quella dell’oste una veduta, grassa e grossa e piccola e mal fatta, con un paio di poppe che parean due ceston da letame e con un viso che parea de’ Baronci, tutta sudata, unta ed affumicata, non altramenti che si gitti l’avoltoio alla carogna, lasciata la camera di frate Cipolla aperta e tutte le sue cose in abbandono, lá si calò: ed ancora che d’agosto fosse, postosi presso al fuoco a sedere,