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novella ottava 287

Sofronia menare, v’ho palesato quello che io forse ancora v’avrei nascoso; il che, se savi sarete, lietamente comporterete, per ciò che, se ingannare o oltraggiare v’avessi voluto, schernita la vi poteva lasciare: ma tolga Iddio via questo, che in romano spirito tanta viltá albergar possa giá mai. Ella adunque, per consentimento degl’iddii e per vigor delle leggi umane e per lo laudevole senno del mio Gisippo e per la mia amorosa astuzia è mia, la qual cosa voi, per avventura piú che gl’iddii o che gli altri uomini savi tenendovi, bestialmente in due maniere forte a me noiose mostra che voi danniate: l’una è Sofronia tenendovi, nella quale, piú che mi piaccia, alcuna ragion non avete; e l’altra è il trattar Gisippo, al quale meritamente obligati siete, come nemico. Nelle quali quanto scioccamente facciate, io non intendo al presente di piú aprirvi, ma come amici vi consigliare che si pongan giuso gli sdegni vostri, ed i crucci presi si lascino tutti e che Sofronia mi sia restituita, acciò che io lietamente vostro parente mi parta e viva vostro: sicuri di questo, che, o piacciavi o non piacciavi quello che è fatto, se altramenti operare intendeste, io vi torrò Gisippo, e senza fallo, se a Roma pervengo, io riavrò colei che è meritamente mia, mal grado che voi n’abbiate; e quanto lo sdegno de’ romani animi possa, sempre nimicandovi, vi farò per esperienza conoscere. — Poi che Tito cosí ebbe detto, levatosi in piè tutto nel viso turbato, preso Gisippo per mano, mostrando d’aver poco a cura quanti nel tempio n’erano, di quello, crollando la testa e minacciando, s’uscí. Quegli che lá entro rimasono, in parte dalle ragioni di Tito al parentado ed alla sua amistá indótti ed in parte spaventati dall’ultime sue parole, di pari concordia diliberarono essere il migliore d’aver Tito per parente, poi che Gisippo non aveva esser voluto, che aver Gisippo per parente perduto e Tito per nemico acquistato; per la qual cosa andati, ritrovâr Tito e dissero che piaceva lor che Sofronia fosse sua, e d’aver lui per caro parente e Gisippo per buono amico: e fattasi parentevole ed amichevole festa insieme, si dipartirono e Sofronia gli rimandarono, la quale, sí come savia, fatta della necessitá vertú, l’amore il quale aveva a Gisippo