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280 giornata decima

gli recava vergogna, mostrandogli che quanto piú era di Gisippo la liberalitá tanto di lui ad usarla pareva la sconvenevolezza maggiore; per che, non ristando di piagnere, con fatica cosí gli rispose: — Gisippo, la tua liberale e vera amistá assai chiaro mi mostra quello che alla mia s’appartenga di fare. Tolga via Iddio che mai colei la quale egli sí come a piú degno ha a te donata, che io da te la riceva per mia. Se egli avesse veduto che a me si convenisse costei, né tu né altri dée credere che mai a te conceduta l’avesse. Usa adunque lieto la tua elezione ed il discreto consiglio ed il suo dono, e me nelle lagrime le quali egli sí come ad indegno di tanto bene m’ha apparecchiate, consumar lascia, le quali o io vincerò, e saratti caro, o esse me vinceranno, e sarò fuor di pena. — Al quale Gisippo disse: — Tito, se la nostra amistá mi può concedere tanta di licenza, che io a seguire un mio piacer ti sforzi, e te a doverlo seguire puote inducere, questo fia quello in che io sommamente intendo d’usarla: e dove tu non condiscenda piacevole a’ prieghi miei, con quella forza che ne’ beni del l’amico usar si dée farò che Sofronia fia tua. Io conosco quanto possono le forze d’amore, e so che elle non una volta ma molte hanno ad infelice morte gli amanti condotti: ed io veggio te sí presso, che tornare addietro né vincere potresti le lagrime, ma procedendo, vinto verresti meno; al quale io senza alcun dubbio tosto verrei appresso. Adunque, quando per altro io non t’amassi, m’è, acciò che io viva, cara la vita tua. Sará adunque Sofronia tua, ché di leggeri altra che cosí ti piacesse non troveresti, ed io il mio amore leggermente ad un’altra volgendo, avrò te e me contentato. Alla qual cosa forse cosí liberal non sarei, se cosí rade o con quella difficultá le mogli si trovasser che si truovan gli amici: e per ciò, potendo io leggerissimamente altra moglie trovare ma non altro amico, io voglio innanzi; non vo’ dir perder lei, ché non la perderò dandola a te, ma ad uno altro me la trasmuterò; di bene in meglio trasmutarla che perder te. E per ciò, se alcuna cosa possono in te i prieghi miei, io ti priego che, di questa afflizion togliendoti, ad una ora consoli te e me, e con buona speranza ti disponghi a pigliar quella letizia che il tuo caldo