tenendomi sí lungamente la tua gravissima passione nascosa. E come che onesto non ti paresse, non son per ciò le disoneste cose se non come l’oneste da celare all’amico, per ciò che chi amico è, come dell’oneste con l’amico prende piacere, cosí le non oneste s’ingegna di tôrre dell’animo dell’amico. Ma ristarommene al presente, ed a quel verrò che di maggior bisogno esser conosco. Se tu ardentemente ami Sofronia a me sposata, io non me ne maraviglio, ma maravigliere’mi io ben se cosí non fosse, conoscendo la sua bellezza e la nobiltá dell’animo tuo, atta tanto piú a passion sostenere quanto ha piú d’eccellenza la cosa che piaccia. E quanto tu ragionevolmente ami Sofronia, tanto ingiustamente della fortuna ti duoli, quantunque tu ciò non esprimi, che a me conceduta l’abbia, parendoti il tuo amarla onesto se d’altrui fosse stata che mia. Ma se tu se’ savio come suoli, a cui la poteva la fortuna concedere, di cui tu piú l’avessi a render grazie che d’averla a me conceduta? Qualunque altro avuta l’avesse, quantunque il tuo amore onesto stato fosse, l’avrebbe egli a sé amata piú tosto che a te, il che di me, se cosí mi tieni amico come io ti sono, non déi sperare: e la cagione è questa, che io non mi ricordo, poi che amici fummo, che io alcuna cosa avessi che cosí non fosse tua come mia; il che, se tanto fosse la cosa avanti, che altramenti esser non potesse, cosí ne farei come dell’altre: ma ella è ancora in sí fatti termini, che di te solo la posso fare, e cosí farò, per ciò che io non so quello che la mia amistá ti dovesse esser cara, se io, d’una cosa che onestamente farsi puote, non sapessi d’un mio voler far tuo. Egli è il vero che Sofronia è mia sposa e che io l’amava molto e con gran festa le sue nozze aspettava: ma per ciò che tu, sí come molto piú intendente di me, con piú fervor disideri cosí cara cosa come ella è, vivi sicuro che non mia ma tua moglie verrá nella mia camera. E per ciò lascia il pensiero, caccia la malinconia, richiama la perduta sanitá ed il conforto e l’allegrezza, e da questa ora innanzi lieto aspetta i meriti del tuo molto piú degno amore che il mio non era. — Tito, udendo cosí parlare a Gisippo, quanto la lusinghevole speranza di quello gli porgeva piacere, tanto la debita ragion