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novella ottava 277

lodava, sí fortemente, senza alcun sembiante mostrarne, di lei s’accese, quanto alcuno amante di donna s’accendesse giá mai. Ma poi che alquanto con lei stati furono, partitisi, a casa se ne tornarono. Quivi Tito, solo nella sua camera entratosene, alla piaciuta giovane cominciò a pensare, tanto piú accendendosi quanto piú nel pensier si stendea; di che accorgendosi, dopo molti caldi sospiri, seco cominciò a dire: — Ahi! misera la vita tua, Tito! Dove ed in che pon’ tu l’animo e l’amore e la speranza tua? Or non conosci tu, sí per gli ricevuti onori da Cremete e dalla sua famiglia e sí per l’intera amicizia la quale è tra te e Gisippo di cui costei è sposa, questa giovane convenirsi avere in quella reverenza che sorella? Che adunque ami? Dove ti lasci trasportare allo ’ngannevole amore? dove alla lusinghevole speranza? Apri gli occhi dello ’ntelletto e te medesimo, o misero, riconosci; dá’ luogo alla ragione, raffrena il concupiscibile appetito, tempera i disidèri non sani e ad altro dirizza i tuoi pensieri; contrasta in questo cominciamento alla tua libidine, e vinci te medesimo mentre che tu hai tempo. Questo non si conviene che tu vogli, questo non è onesto; questo a che tu seguir ti disponi, eziandio essendo certo di giugnerlo, che non se’, tu il dovresti fuggire, se quel riguardassi che la vera amistá richiede e che tu dèi. Che adunque farai, Tito? Lascerai lo sconvenevole amore, se quel vorrai fare che si conviene. — E poi, di Sofronia ricordandosi, in contrario volgendo, ogni cosa detta dannava dicendo: — Le leggi d’amore sono di maggior potenza che alcune altre: elle rompono, non che quelle dell’amistá, ma le divine. Quante volte ha giá il padre la figliuola amata, il fratello la sorella, la matrigna il figliastro? Cose piú mostruose che l’uno amico amar la moglie dell’altro, giá fattosi mille volte. Oltre a questo, io son giovane, e la giovanezza è tutta sottoposta all’amorose leggi; quello adunque che ad amor piace, a me convien che piaccia. L’oneste cose s’appartengono a’ piú maturi; io non posso volere se non quello che amor vuole. La bellezza di costei merita d’essere amata da ciascuno; e se io l’amo, che giovane sono, chi me ne potrá meritamente riprendere? Io non l’amo perché ella sia di Gisippo, anzi l’amo che l’amerei